domenica 12 maggio 2013
Karl Marx, le retour
Lo spettacolo su Marx lo ha scelto lei che non è nemmeno di sinistra. Io avrei preferito il cinema.
Una volta a teatro, ci indirizzano all'ultimo piano consigliandoci di affrettarci visto che i posti non sono numerati. Ci sediamo. Arrivano due e ci fanno spostare. A loro il biglietto è numerato. La scena si ripete un altro paio di volte.
Iniziamo a chiederci quanto sia politicamente corretta questa mancata numerazione ad personam.
Finiamo in prima fila, a mezzo metro dal palco. Esprimo soddisfazione per il fatto di sedere cosí a ridosso dell'azione.
-Adesso gli attori potrebbero quasi sputarci addosso.
Lo spettacolo inizia ed è ben congegnato. É la storia di un giovane di origini mediorientali che si prostituisce. L'attesa di scoprire come avrà fatto il regista a farci entrare Marx in tutto questo diventa spasmodica.
Arriva una scena nella quale il cliente del protagonista è il padre miliardario del fidanzato, in mutande e tacchi a spillo, davanti ad un frigorifero aperto. Un panzone, a tre posti, da noi si alza sbraitando e se ne va. Brutalmente e riuscendo persino a destare l'addetta che ci aveva fatto entrare dal letargo sublime nel quale si trovava.
Che bigotto, è sembrato essere il pensiero collettivo. Che vada a vedersi qualcosa dell'epoca alla quale appartiene (Marx).
All'uscita, di fronte a noi, ci accorgiamo di una rampa di scale. Conduce ad una specie di sottotetto con una porta in ferro. Dinanzi ad essa campeggia in bella evidenza su un poster il faccione barbuto del vecchio Carlo.
Si sente spesso raccomandare di mettere Marx in soffitta. Al Theatre des Martyrs lo fanno alla lettera.
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