venerdì 29 ottobre 2010

La Bruxelles dei Baroni








 
Se c'è un film che racconta la Bruxelles di oggi come The Commitments (vedi puntata 2 bloomcast) ha fatto con  la Dublino degli anni 80, questo è sicuramente Les Barons. Si tratta di una commedia, del 2009, diretta da un regista di origine maghrebina.

In effetti la mia impressione anzi è che Nabil Ben Yadir possa aver preso proprio il cult film dublinese come punto di riferimento. C'è la tecnica dell'autonarrazione. Anche Les Barons è ambientato in quel pezzo di città che non può essere considerata nobile, quella degli immigrati di seconda e terza generazione. La lingua è dura ai limiti dell'incomprensibilità, non manca lo slang delle periferie e non manca nemmeno la scena nell'ufficio di disoccupazione. I baroni del film non hanno però nulla di aristocratico.

"..Per comprendere un barone, un vero barone, bisogna comprendere la sua filosofia.
Per i baroni ogni uomo è inviato sulla terra con un numero preciso di passi, differente per ciascuno. Dopo che hai passato questo numero tu muori. Quelli che nessuno sa è che ogni persona ha il suo contatore e che ogni passo conta. Noi baroni lo sappiamo dall'inizio..."

La pellicola ritrae quella generazione, nata in Belgio, di figli dell'immigrazione nordafricana. Nabil Ben Yadir che in quel quartiere ci è nato e vissuto sa di poter rischiare. Ne viene fuori un affresco di un mondo sempre più lacerato al suo interno tra  integrazione ed identità, tradizione ed emancipazione, fanatismo e apertura. L'ironia ed il passo veloce della commedia non lasciano fuori niente. Anche la scena del pestaggio in metro è tragicamente vera. E cosi Bruxelles viene fuori cosi com'è, nature, senza maquilage.

Sembra quasi che Nabil Ben Yadir ci metta molta della sua storia nel suo protagonista. Assan  non sa bene  cosa scegliere tra un esistenza facile dove lo attendono lo stesso lavoro del padre e una ragazza vecchia maniera e le sue grandi passioni; il cabaret e la bella ed emancipata Malica, sua vecchia fiamma, ora conduttrice di tg. 

"Ve lo spiego io cos'è un barone. Sa che quando ha finito il numero di passi è morto. E allora il barone non fa niente nella vita, non si muove. Dunque un buon barone è un buon disoccupato.  Divertente, no? "

Il regista non nasconde nulla del mondo dal quale proviene. Ed è per questo che il film ha avuto tanto successo. Ha permesso ad una generazione di ridere di se stessa, dei suoi vizi, delle sue pare, dei suoi pregiudizi. Ma ha Consentito al tempo stesso all'altra Bruxelles di saperne di più su una delle sue identità. Quella in cui ci si imbatte tutti i giorni ma che in realtà  conosce poco.

"Il belga non darebbe mai la sua vita per la patria, per contro sarebbe pronto a morire per la precedenza a destra"

giovedì 21 ottobre 2010

Quello che non ci è stato detto sulle pensioni francesi

Me lo hanno spedito. Traduco e volentieri pubblico. Tanto vale per tutti i paesi.

 La vita media è aumentata, innalzando la percentuale di pensionati dal 20% del 1960 al 50% del 2050. Ma il numero di persone che contribuiscono alla sistema previdenziale è cresciuto costantemente fino al 2010. La produttività mediana è aumentata di uno sbalorditivo 500% dal 1960 al 2010. Se questa produttività è intercettata un lavoratore nel 2010 puó pagare la pensione di un pensionato con la stessa facilità con cui avrebbe potuto pagare il 20% della pensione di qualcun altro nel 1960. 
Un altro problema è che, anche attenendoci alle cifre ufficiali, il 23% dei giovani non ha lavoro e non puó contribuire alla pensione di nessuno.

Lo scenario peggiore del Orientation Council on Pensions prevede un deficit di 120 miliardi di euro nel 2010; sarebbe il  3% del PIL francese. C'è un fatto che gli allarmisti ben pagati vogliono trascurare; La Francia è un paese molto ricco. Il PIL ha raddoppiato negli ultimi vent'anni e ci si aspetta raddoppi ancora una volta per il 2050. Negli ultimi trent'anni il 10% del PIL è stato trasferito dai percettori di salario a quelli di profitto. Fa otto volte il deficit corrente del sistema pensionistico. Quando il deficit delle pensioni è causato dal trasferimento di ricchezza ai già ricchi non c'è alcuna levata di scudi nei media commerciali. Per definizione quelli che controllano i media sono già fin troppo ricchi per fregarsene delle pensioni.


Le cosidette riforme de 1993, 2003 e 2007 hanno già spinto in giù le pensioni tra il 15% e 20%. Questo ha spinto milioni di anziani sotto la soglia di povertà. Metà dei nuovi pensionati riceve meno di 1000 euro al mese. Il gruppo più colpito sono le donne che hanno fatto sacrifici allo scopo di allevare bambini, a costo di interrompere le proprie carriere.

Il rischio più grande è che il sistema contributivo venga rimpiazzato da uno basato sulla capitalizzazione. Nel 2008 abbiamo visto cosa ció comporta. Presto ci sarà un'altra misteriosa, imprevedibile
crisi e i politici consegneranno quel denaro per le pensioni ai miliardari e alle loro mega-compagnie lasciando milioni di persone troppo vecchie per lavorare e troppo giovani per morire.

In presenza di volontà politica, ci sono molte alternative. I deficit sparirebbero se sgravi fiscali e sussidi per i più ricchi fossero eliminati. Basti considerare questa cifra; i dividendi ammontano al 10% del PIL francese.

Come spesso capita, non ci sono "forze oggettive" che rendono i tagli alle pensioni una "sfortunata necessità"; c'è solo l'avidità dei ricchi e le loro bugie.
Resa incondizionata o resistenza; la scelta sta a noi, in Francia e dovunque.

Per saperne di più su sulla battaglia in corso segui i seguenti link:
1, 2, 3, 4. e su quanto i media riportano: a, b, c, d, e .

mercoledì 20 ottobre 2010

Vivere sulla nuvola









La rete e le nuove tecnologie hanno migliorato la vita di molti. Ad alcuni invece l'hanno completamente trasformata. Parlo dei  tecno-savvy. Una generazione di minimalisti digitali che puó accedere alla propria musica, foto, film e libri da ogni computer al mondo. Per costoro le collezioni di libri, CD e DVD ma anche della TV stessa diventano assolutamente superflui.
Leggevo a riguardo un articolo su uno dei giornali che danno gratuitamente in giro dove si raccontava qualcuna delle loro storie.
Non ho collezioni di CD e DVD e sto buttando via tutti i miei libri dato che ora posso leggerli sul mio iPad, dice una.  
I libri e gli oggetti sono ingombro e adesso mi sento libera di alzarmi e partire per qualunque destinazione nel mondo. Riempio lo zaino con qualche vestito e la mia borsa con dentro il mio computer.

Che succede allora se viene rubato o si rompe?  
Niente, tutti i miei dati sono online, mi ricollego da un altro computer e ritrovo tutto lí.
E' la tecnologia Cloud che libera la gente dalla dipendenza dall'Hard Disk del proprio computer. Facebook o Flickr per le foto, google per i documenti, iPad o Amazon's kindle per i libri, hotmail, gmail o yahoo per la mail, lo streaming per la TV.

Uno scrittore londinese ha venduto il suo appartamento e ora vive in giro per hotel. Attualmente lavora a San Francisco e giudica la sua esperienza estremamente liberatoria, a suo dire, anche dal punto di vista finanziario:
Se tieni conto di mutuo, tasse comunali, bollette ed altre spese varie alla fine si scopre che ce lo si può permettere. Usando siti online ottengo ottimi prezzi e il che significa abitare in boutique hotel (piccoli hotel di lusso) per meno del mio mutuo mensile. E' incredibilmente facile vivere la iLife. Lo consiglio a tutti.

Magari si tratta della solita trovata mediatica. Oltre alla tecnologia per poter vivere così bisognerebbe essere location indipendent, disaccoppiando reddito e presenza fisica in un determinato luogo. Puó suonare utopistico ma solo in google reader ho un paio di link a blog i cui autori ci sono riusciti.

giovedì 7 ottobre 2010

Nous, on est brol


Voilà, un bel post copia-copiazza. Del resto il nuovo corso (di francese)  è un po' come il porco, non si butta nulla.....

Jaco Van Dormael, cinéaste belge
"Nous, on est brol"


Se il bello del Belgio è di non avere un'identità, io sono belga. Non ho un'idea definita di me stesso. Sono certo di essere il padre di due bambini, e di avere 40...no 41 anni. So...che sono cresciuto in Germania, che ho abitato un po' in Francia, che sono venuto in Belgio all'età di 8 anni. Mio padre è fiammingo, mia madre francofona. (...)

Noi, siamo un bordello. Abbiamo una civilizzazione bric-à-brac. Una delle ragioni per le quali venni qui, quando avrei potuto fare il mio lavoro molto più facilmente altrove, é che amo questa specie di caos che è il Belgio, e Bruxelles, in particolare. Trovo questa libertà ben più grande che nelle culture strutturate, dove ci sono delle scuole, il buon gusto ed il cattivo gusto. Qui ho l'impressione che non ci siano scuole, che tutti facciano quello che vogliono, si mette insieme, e tutto ciò non somiglia a nulla. Ció da una grande libertà: la si può pensare come si vuole. Il Belgio insegna a chi ci abita, che tutto si può combinare con tutto. Da cui questa cucina di rottura, che gioca sulla giustapposizione di contrasti, di cose che non funzionano bene insieme a priori.

Basta guardare Bruxelles: quel che capita con quel che capita. E a me piace passeggiare tra quel che capita.
Quando sono a Parigi sono soffocato dalle strutture, è come se si fosse fatta man bassa del paesaggio.

Non ricordo chi lo abbia detto, ma mi sembra ben definire il Belgio: "E' un paese dove bisogna essere folli per non divenire pazzi". Questa follia è una forma di festa. L'immaginazione diviene assolutamente indispensabile per sopravvivere. Se abitassi a Roma, per esempio, non lavorerei. Poiché laggiù mi accontenterei di rappresentare una realtà che già esiste, il che non è così necessario dato che è già là.
Qui in Belgio, la bellezza è invisibile, e bisogna scoprirla, cercarla nella bruttezza. In più, tutto avviene dietro una porta, in una stanza interna, nulla è evidente.

[Jaco Van Dormael]

sabato 2 ottobre 2010

Aspirina per tutti




Questa settimana il traffico aereo in Belgio è stato paralizzato da uno sciopero improvviso dei controllori di volo. Basta, scrive qualcuno in un forum, facciamola finita e privatizziamo tutto. Alla stregua di quel dottore che cura tutte le malattie con l'aspirina.

Mi viene in mente a riguardo una notizia recente. Si riferisce ad alcuni promettenti sviluppi nella lotta ai tumori.
Un gruppo di studiosi, si legge, avrebbe creato una molecola che disorienterebbe il cancro facendolo regredire. Anche i costi delle terapie sarebbero drasticamente abbattuti rispetto ai trattamenti esistenti. Ma le case farmaceutiche sono fredde a riguardo. In breve la ricerca è spacciata.
Ora ce la si può prendere contro il cinismo e l'avidità delle case farmaceutiche. Ma è puerile. Esse sono, come tutte le altre, imprese a fini di lucro. E' scritto a chiare lettere nelle legislazioni commerciali, senza equivoci o fraintendimenti. Esistono per produrre profitti, punto e basta. Non per curare il cancro. E' un po' come indignarsi se un tostapane non fa il caffè. Non è stato progettato per quello.

Un amministratore che perseguisse scopi più umanitari rispetto a quelli fissatigli a chiare lettere dalla legge potrebbe essere citato in giudizio dagli azionisti. E' successo.
Del resto una qualunque organizzazione umana è cosa ben diversa dalla sommatoria degli individui che la compongono. Sviluppa una 'personalità' sua. Le decisioni sono distribuite, nello spazio e nel tempo, raramente sono attribuibili ad una singola persona. Ecco perché il diritto penale, applicabile all'individuo, non funziona. Le sanzione possono essere solo a carattere economico. Multe, risarcimenti, revoche di licenze etc.
Per cui ripettare o meno leggi o regolamenti diviene per una società una scelta gestionale come tutte le altre. Come nel famoso caso di GM negli USA dove si decise di lasciare sul mercato una vettura con un difetto di progettazione. Sebbene questo causasse incidenti mortali il costo dei risarcimenti risultava comunque inferiore a quelli di riprogettazione e si decise di non fare nulla.

Il problema non è il fatto che le imprese puntino a massimizzare i profitti. Esistono per quello. Il problema sta nel voler fare il caffè col tostapane, nel voler curare tutto con l'aspirina. E' il dogma liberale che vede nel privato la soluzione di tutti mali. Se per una impresa il profitto viene prima, per la società in quanto tale dovrebbe invece essere più importante, per dirne una, debellare il cancro.

Con i controllori di volo belgi, comunque, sono incazzato nero. Dovevo rientrare in Italia per un matrimonio di una cugina. Quelli dove ti fanno le domande più strane. Come mai alla tua veneranda età non sei ancora sposato? E come mai non hai ancora figli?  Come mai non ci si fa tutti una bella paccata di....etc, etc, etc?
No. Quando si sciopera si sciopera. Non si cambia idea all'ultimo minuto per futili motivi!