sabato 27 marzo 2010

Cristo si è impiccato ad Eboli


Dubito di aver scelto la settimana giusta per rientrare a Eboli. Basta infatti addentrarsi di 100 metri nel territorio comunale per comprendere che quest'anno vanno in scena le elezioni municipali.

Di norma qui elezioni politiche ed europee si svolgono nel disinteresse generale. Le stesse concomitanti regionali sono poco più di una eco lontana. Le comunali invece sono la carnevalata di sempre.
Quest'anno si nota un ulteriore salto di qualità. Abbiamo cinque aspiranti sindaco sostenuti complessivamente da 18 liste con un totale di 450 candidati. Il tutto su un totale di appena 20000 elettori.
Trattasi di un'implacabile armata di questuanti che non da scampo. Ogni elettore ne conosce almeno 4 o 5 tra parenti ed amici.

Il risultato è che, a campagna elettorale appena conclusa, la città si ritrova sommersa sotto una fitta coltre di cartacce, santini, fac-simili. Manifesti con macilenti faccioni mal sbarbati ricoprono tutto il ricopribile, alberi inclusi. Per giorni le camionette dei candidati hanno girato senza soluzione di continuità con il volume dei megafoni a palla.

L'inquinamento acustico e materiale non è stato però il solo problema. E' il livello di mercimonio che colpisce. Clientelismo, voto di scambio, compravendita di consensi non sono una novità dell'ultima ora a queste latitudini. Questa volta però ho l'impressione si stiano mettendo a segno molti records. Si dice che per una croce su un simbolo quest'anno basti un paio di scarpe, un taglio di capelli, una busta della spesa.

Chi intravede una sproporzione tra posta in gioco e spiegamento di mezzi a cui si assiste non sa che divenire consigliere comunale è più importante di quanto sia lecito immaginarsi. Specie dove nulla, pubblico o privato che sia, sfugge al filtro preventivo della politica.
La giunta uscente, sindaco PD, ha galleggiato per 5 anni su maggioranze fluttuanti, negoziate di volta in volta a botta di scambi e favori. Essere il consigliere decisivo su votazioni chiave può essere l'equivalente di una vincita al lotto.

Nel giro di un paio d'anni verrà completato un grosso centro commerciale. Il più grande outlet del meridione, dice pomposamente qualcuno. L'investimento è privato, la ditta è veneta. Ma a quanto pare le assunzioni sono state quasi totalmente demandate ai partiti, in cambio, si dice, di servigi ricevuti. Ora la politica è dedita a trasformare le assunzioni promesse in voti.

Il sindaco uscente ex diessino, tutto law and order, inceneritori e cemento si fa vanto del recente sgombro di extracomunitari (questa schifezza qui). Ne parla come del più grande successo conseguito dalla sua amministrazione, con la retorica d'un leghistello qualsiasi. La destra candida il solito impresentabile ed è spacciata in partenza. I vendoliani si affidano invece ad un ex sindaco, perenne ed ormai attempato salvatore della patria .

Poi c'è il nuovo che avanza. Si tratta di un tizio, proveniente da rifondazione, che è stato assessore un paio di volte e poi membro della giunta provinciale recentemente trombata. Ha messo insieme comunisti ed ex fascisti bombaroli, dipietrini e ex-craxisti, ed infine UDC, giusto per non farsi mancare niente. Ha sedi elettorali dovunque, utilizza aerei per la propaganda e già si parla di scambi di amorosi sensi con la parte finiana del PDL che governa la provincia.
L'altro giorno ho notato un suo poster appiccicato abusivamente su un contenitore del riciclaggio. Che a pensarci bene è un immagine simbolo qui in Campania, dove dei rifiuti non sappiano bene cosa farcene ma quando si tratta di riciclare politici decotti siamo imbattibili.

Ultima cosa. Si parla della foce del Sele come uno dei siti individuati dal governo per una centrale nucleare. Il vivo orrore che l'idea mi ha provocato insieme ai tentennamenti PD a riguardo mi hanno alla fine fatto propendere per la lista a cinque stelle, alle regionali, con voto disgiunto per l'impresentabile De Luca, ma solo per carità di patria.
Quanto al comune non vedo alternativa possibile all'ex sindaco, Rosania. Avrei preferito un salvatore della patria di nuova generazione ma in mancanza di meglio bisognerà fare di necessità virtù.

giovedì 25 marzo 2010

San Toro subito



"Noi contro la legge del più forte ci batteremo. A Bologna ed in futuro. Dimostreremo che non si potrà più fare quello che è stato fatto dopo l'editto bulgaro perché oggi ci sono giornali, tecnologie, sacche di resistenza nella società italiana che impediranno che ciò si ripeta"

[Santoro - conferenza stampa Raiperunanotte]

Santoro è personaggio controverso, sicuramente di parte, a volte presuntuoso, spesso arrogante. Lo si può amare ma al tempo stesso lo si può fortemente avversare.
Però è tenace. Ha continuato a parlare in tv di argomenti su cui si voleva far calare il silenzio mediatico (lo scandalo delle escort, le rivelazioni di Spatuzza, il processo Mills etc.) mentre il berlusconismo schiumante di rabbia e livore escogitava vendette. Fino alle intercettazioni di Trani.

Vi caccio tutti dal vostro posto all'authority se non mi trovate un cavillo contro Santoro, dice il premier. Speriamo che Santoro faccia la pipì fuori dalla tazza così poi lo cacciamo dopo, replica il direttore generale della rai.
Controllati complottano con i controllori per far sparire dal video trasmissioni, politici e giornalisti invisi al capo banda.
Quanto basterebbe in qualunque paese mediamente civile per stroncare la carriera politica di chiunque e di mettere fine a qualunque governo. In Italia invece l'opposizione politica, passiva ai limiti della collusione, decide di non utilizzare l'argomento. Berlusconi può continuare così a sproloquiare indisturbato di complotti e di toghe rosse.

Certo, chi si comporta così non è capo di un governo ma di un regime. Se in Italia non c'è (ancora) una dittatura di tipo classico è solo perché la costituzione in vigore pone dei limiti che ancora non sono riusciti ad aggirare. Se mai ci fosse stato bisogno di conferma ora è arrivata.

Eppure qualche dritta a chi di Berlusconi vuole liberarsi da questa storia arriva.

Primo. Quanto egli più teme è che si parli delle inchieste, degli scandali, del suo oscuro passato. E' Di Pietro che non vuole in TV non Bersani. E non perché Di Pietro fosse chissà quale irriducibile comunista. Di Pietro è di destra, ma difende inchieste e magistrati, parla di corrotti e di corruttori. E questo Berlusconi lo vede come il fumo negli occhi.

Secondo. In un paese stremato da anni di corruzione e debiti argomenti come questione morale, lotta a corporativismo, privilegi di casta, malaffare sarebbero popolarissimi.
Chi vuole davvero sbarazzarsi del berlusconismo sa che i consensi vanno cercati lì.

Terzo. La TV di voti ne sposta e come. La propaganda in questi anni ha cercato di far passare l'idea contraria. In realtà in un paese di teledipendenti controllare le TV è decisivo. E' la ragione stessa per la quale Berlusconi è stato creato e messo lì. Berlusconi esiste per trasformare una nazione in un gregge di gonzi manipolati.

Dalla vicenda poi si apre una breccia insperata per uscire dalla morsa censoria della mediocrazia. Si sa che per evitare che argomenti sgraditi fossero oggetto di trasmissioni pre-elettorali hanno pensato bene di censurare TUTTI i talk show politici in onda sulla RAI.

La cosa però si sta trasformando in un boomerang. Santoro e i suoi si sono organizzati, hanno raccolto i fondi ed hanno messo in piedi una trasmissione che da AnnoZero prende protagonisti e format. I 6000 posti del palasport di Bologna non saranno sufficienti. L'evento a tre giorni dal voto è destinato ad avere più seguito di quanto ne avrebbe avuto normalmente il programma (come vederlo).

In generale credo che per bucare la censura oltre al web, i social networks, la blogosfera, le notizie non filtrate provenienti dal basso serva anche la professionalità di chi le inchieste le sa fare, e le informazioni sa cercarle.
E' probabile che in futuro il regime vorrà chiudere trasmissioni come Annozero, Report o Presa diretta. La buona notizia è che si sa come si potrà rimediare.

martedì 23 marzo 2010

Il magico mondo degli expats


Chi approda alla comunità europea è tenuto a partecipare ad un seminario introduttivo sulle istituzioni comunitarie. Di frequente i compagni di classe di quel giorno finiscono per diventare il primo nucleo di amicizie nel luogo comune. Capitò anche a noi. Due giorni in città e già avevamp qualcuno da chiamare, fosse anche per una semplice bevuta al bar.

L'ambiente degli expats, universo variegato di persone che ruota intorno alle istituzioni comunitarie, può essere concepito come una sorta di airbag. Attutisce l'impatto con la nuova realtà e permette di spezzare quella sensazione d'isolamento iniziale piuttosto a buon mercato. Un bel vantaggio che però comporta a lungo termine dei rischi.

Le amicizie spesso non perdono quel carattere di iniziale superficialità. E' facile costituire ma è altrettanto facile perderle. Chi è solo in un posto allenta i filtri e diventa meno selettivo. Ma se ci si frequenta perché per necessità è probabile che l'amicizia si indebolisca quando la necessità viene meno.

Molti poi a Brussels ci si sentono con un piede dentro ed uno fuori. Cosa abbastanza normale per chi sa di doverci rimanere poco. Sorprendente, ma non infrequente però, anche tra chi è destinato a restarci a lungo. Costoro vivono in una perenne transizione tra i momenti importanti della loro vita che si svolgono altrove.
Per una mia disattenzione ho cambiato i giorni del mio corso di francese da lunedì-mercoledì a martedì-giovedì. Ebbene, il numero degli alunni si è pressoché dimezzato. Perché? semplice, mi è stato riferito da qualcuno a scuola, la maggior parte preferisce tenersi libero il giovedì per poter allungare i week-ends quando possibile. Questo la dice lunga sul modo in cui molti affrontino la loro permanenza.
Si è convinti così di avere molti amici per ritrovarsi soli però al primo ponte in cui si decide di restare.

Ma la lista dei difetti non finisce qui. L'ambiente degli expats è artificiale. Connette poco con la città. Non è compatto nemmeno al suo interno. Spesso pervalgono le comunità nazionali o raggruppamenti omogenei di comunità nazionali. Queste ultime non sono affatto un campione rappresentativo dei rispettivi paesi di provenienza. E' illusorio sperare di capire qualcosa ad esempio della Grecia, della Spagna, della Polonia sulla base dei greci, spagnoli e polacchi trapiantati qui.
Una ragazza una volta mi chiese di spiegarle le ragioni del successo di Berlusconi non essendo ancora riuscita ad incontrare un italiano che non gliene dicesse peste e corna.

Il modo di divertirsi e di stare insieme è spesso stereotipato e piatto. Pub, parties, bevute e poco più. Si comunica in un inglese essenziale e povero. Del resto raramente la conoscenza delle lingue nazionali è tale da permettere di fare le cose che i belgi fanno.

Quanto a noi, le amicizie iniziali, non sono durate molto. Che il fatto di essere arrivati in un posto lo stesso giorno non fosse un collante troppo potente c'era da aspettarselo. Infatti a due anni di distanza non ne ho quasi più traccia.
Forse gli expats forniscono un confortevole rifugio alle asprezze dei primi tempi ma alla lunga non basta, se si spera di vivere la città nella sua universalità, di cui gli expats pur facendone parte ne rappresentano solo un aspetto.

lunedì 15 marzo 2010

Gli asini volano, lo ha detto il blog



Recentemente un post nel blog di Lyndon (il concilio degli illuminati) mi ha dato molti spunti di riflessione. Lyndon fa notare come la rete permetta il facile accesso ad una gran quantità di informazioni che un tempo sarebbe stato difficile reperire. Oggi essere informati è semplice. Ma il rovescio della medaglia è rappresentato dalla comparsa di una pletora di Soloni che pontificano su argomenti su cui hanno conoscenze minime ed appena acquisite.

La difficoltà sta però nello stabilire qual'è il livello minimo di conoscenza al di sotto del quale si dovrebbe avere la decenza di astenersi dal parlare di un certo argomento. Qui si entra nel regno del vago e dell'opinabile.
Mettendo l'asticella troppo in basso si rischia di parlare a vanvera e di fornire informazioni fuorvianti.
Mettendola invece troppo in alto si può cadere nel rischio opposto, cioè l'autocensura. Resterebbero infatti ben poche cose di cui poter discutere. In quanti ad esempio hanno competenze specialistiche sufficienti per potersi esprimere compiutamente su economia, gestione dei rifiuti, riscaldamento globale, giustizia, politiche energetiche e così via?

Si può comunque provare a cimentarsi su argomenti su cui non si è ferratissimi adottando magari qualche precauzione, utilizzando condizionale e congiuntivo più dell'indicativo, infarcendo blog, post e commenti di avvertenze magari a caratteri cubitali sulla soggettività di quanto si dice, informandosi adeguatamente e citando le fonti da cui si è attinto senza spacciare quanto si dice per farina del proprio sacco.
Di certo conviene essere responsabili, ma è un obbligo auto imposto che non deriva da vincoli esterni. Se si violano le leggi poi se ne pagano le conseguenze. Negli altri casi la scelta diviene del tutto discrezionale.

Potrei, ad esempio, affermare che oggi al parco è comparsa una formazione di quadrupedi bianchi ed alati che ha subito cominciato a volteggiare armoniosamente.
Chi mi legge può decidere di prendere l'informazione per oro colato. Non credo però abbia troppo da lamentarsi se la cosa lo esporrà a brutte figure.
E' un'estremizzazione. Ma anche quando ci si mette il massimo sforzo per essere credibili prima o poi incappa nell'errore.

E' possibile che qualcuno si aspetti che ogni blog o sito, individualmente considerato, sia completo, definitivo ed affidabile. Ma si tratterà di qualcuno certamente cresciuto nel mito delle verità impartite e conclusive. Lo ha detto la radio, il duce, la TV, il papa, l'unto del signore. Allora è vero.

Ma un utente, nell'era dell'informazione reticolare e distribuita, non può sentirsi così deresponsabilizzato, quando è soltanto attraverso la consultazione di fonti molteplici e spesso in contraddizione tra loro che si può ottenere una approssimazione più veritiera della realtà. La rete bisogna saperla usare.

E poi chi lo dice che fidarsi di un blog sia più rischioso che fidarsi, ad esempio, della televisione? In fin dei conti non è poi così semplice spacciare delle cavolate sul web. Ci sono le reazioni di chi legge. Certo, si possono censurare i commenti. Ma ci sono comunque gli altri blog, i forum etc. Scrivere una sciocchezza è molto facile. Ma è altrettanto facile trovarsela citata, magari dopo anni, da qualche altra parte come esempio di somma cretineria.

Francamente credo sia molto più sicuro sparare cazzate in un editoriale del TG1 che in un blog. In tutta onestà.

mercoledì 10 marzo 2010

1020 Bruxelle, France e i portatili TOSHIBA



Questo post ha lo scopo di esporre le ragioni per le quali non bisognerebbe MAI comprare un portatile TOSHIBA, specie quando si abita in un paese francofono.

Un anno fa ne acquistai uno fantasmagorico munito del superbo sistema operativo Windows Vista. Ora se faccia più schifo il portatile o il sistema operativo è una questione esistenziale che lascio ai filosofi. Diciamo solo che, sebbene il prezzo fosse di un centesimo inferiore ai 1000 Euro, il funzionamento di questo prodigioso strumento è stato da sempre, come dire, avventuroso.

Non ci hanno mai funzionato i dizionari parlanti di inglese e francese. Se inserisci la schedina SD della macchina fotografica a PC acceso si incricca. FIFA 2008 (disco originale) si oscura sistematicamente in genere con Pato solo davanti a Julio Cesar. I programmi si impossessano abusivamente della connessione internet per fare controlli antipirateria.
Un mese fa, non contento, questo mirabolante prodigio della tecnologia ha deciso di entrare in sciopero.

E qui è iniziato il fotoromanzo a colori. Si perché i signorini della TOSHIBA hanno pensato bene di non includere il disco di ripristino nella dotazione del portatile. In caso di problemi si utilizza, dicono, una procedura di recovery in una partizione interna. Tutto molto bello se funziona. Se no la smetti di lamentarti e cogli l'occasione di praticare il tuo francese con il centro assistenza.

Al telefono mi risponde una persona amabile quanto la strega di Blair con le mestruazioni.
Parla solo in francese. E che sia il francese di Balzac se no la signorinella si inalbera.
All'acquisto, in verità, il portatile è predisposto per funizionare in francese, olandese e inglese. Evidentemente gli eurocrati pagano bene. Averli come clienti non è male. Poi però tra vendita e assistenza l'inglese, oops, sparisce. Sbadataggini del marketing TOSHIBA.

-Faccia lo spelling, mi dice. Lettera per lettera con parola associata di nome, cognome, modello, numero di serie, telefono ed indirizzo email.
Mi chiede di poi fare dei test.
-Non serve a niente, le rispondo, la vostra bella procedura di ripristino ha sminchiato la tabella delle partizioni.
Apriti cielo.
-Faccia quello che le dico, è la procedura!
Spegni il computer, stacca la spina, stacca la batteria, riattacca la batteria, riattacca la spina, accendi il computer. Spruzza un po' d'acqua santa, asciuga l'acqua santa. Fa tutto molto scena ma la tabella delle partizioni resta sminchiata.
-Allora il pc va in riparazione! Ora mi faccia lo spelling dell'indirizzo!
Sudo freddo. Sulla città vado sul sicuro, è la capitale, penso, capirà certamente.
-Bruxelles.
-Brux..???
-Bruxelles! insisto con molta tenacia.
-Ah si, si...

Dopo due giorni passa l'addetto dello spedizioniere per ritirare il computer. Per tre settimane del PC si perde ogni traccia. Mi collego sul sito. Scopro con piacere che il PC sta girando l'Europa on the road. Prima è stato in Olanda, ora si trova in Austria. Per la sostituzione dell'Hard Disk dicono. Come la sostituzione dell'Hard Disk?! Ma se prima di inviarlo ero riuscito tranquillamente con il DOS a ricopiare tutti i dati su un drive esterno, finanche quelli del torneo fifa?! Come faceva a essere colpa dell'hard Disk??
E' come se avessero fatto un trapianto di cuore a uno con un brufolo. Ne sono sicuro.

Dopo qualche giorno mi arriva l'avviso di consegna. Va riconosciuto che in questo universo di somari il postino svetta come un fulgido esempio di genialità. Riuscire a ritirare e restituire un PC a Bruxelle France è cosa certamente meritevole di encomio.
Il trapianto di cuore sarà più o meno riuscito ma il brufolo purulento è rimasto là. Il portatile mi è stato infatti restituito vuoto. La garanzia non copre la reinstallazione del software, dicono.
E non è finita qui. Cosa ne è stato infatti del vecchio hard disk strapieno di dati sensibili? Ho cambiato quante più password ho potuto, ma certo se in futuro mi vedrete scrivere cose tipo 'Berlusconi è il migliore statista del secolo' o 'Moratti è un vero signore' sapete già da cosa dipende.

Nel frattempo ho riattivato il mio vecchio ASUS del 2005. Ha le 'è', le 'é', le 'ò' e le 'ù'. I dizionari parlano una meraviglia e Pato fa faville. Diceva mia nonna, mouse e buoi dei paesi tuoi.

venerdì 5 marzo 2010

Un episodio increscioso


Vorrei raccontare un episodio che mi è capitato qualche giorno fa in metropolitana.

É sera ed il vagone diretto verso il centro é abbastanza pieno. A Bockstael sale un gruppo di adolescenti tra i 13-15 anni di origine maghrebina. Iniziano a parlare ad alta voce, si agitano, si spintonano, scherzano in modo invadente. Hanno in mano dei kebab, mangiano e ruttano. La loro presenza è molesta.
Non contenti si mettono a giocare con la porta impedendone la chiusura. Una, due, tre volte. Il treno è bloccato a causa loro. Schiamazzano compiaciuti.
Nel vagone l'irritazione monta. Una donna si inalbera e gli chiede di piantarla, dice che non ci può fare niente se non hanno di meglio da fare. Senza effetto. Le ridono in faccia e continuano imperterriti nel loro gioco imbecille.
Questa allora minaccia di chiamare la polizia. Le fanno il verso, 'la polizia, vuole chiamare la polizia' e continuano a sghignazzare. Un'altra ragazza, non molto più grande di loro, gli chiede di smetterla. E' la scintilla che li fa esplodere. A quel punto diventano aggressivi. Iniziano a volare gli insulti, si avvicinano con piglio minaccioso. La gente inizia ad alzarsi e a fare blocco. Qualcuno tira la leva dell'allarme.
I teppistelli intanto non ridono più, sbraitano e minacciano. Arriva l'addetto della STIB.
Chiede ai teppisti di uscire dalla carrozza. Questi non demordono e restano lì imperterriti finché i passeggeri stessi li espellono quasi di peso dal vagone restringendo lo spazio tra loro e l'uscita e facendo blocco col corpo.
Prima di uscire uno di questi lancia quanto resta del contenuto del bicchiere di coca-cola che stava bevendo sulla gente. Un altro fa lo stesso con i rimasugli del kebab verso le due donne che avevano osato ribellarsi. Blaterano qualche minaccia finale ed escono dalla visuale.

Una volta ritornata la calma, la gente inizia a lamentarsi con l'addetto che è l'impersonificazione stessa dell'impotenza. Dice di essere solo, di non poterci fare molto in queste condizioni. Sono scene, a suo dire, quotidiane. Invita le persone a sporgere denuncia. Non ne vale la pena dice qualcuno. Lui insiste, bisogna farlo, che almeno si rendano conto della gravità della situazione. Il problema è che ci si deve recare di persona alla gare de l'ouest. L'indolenza prevale, nessuno ha voglia di rovinarsi oltremodo il pomeriggio.

Cambio, apparentemente, discorso. Secondo uno studio i trasporti brussellesi sono risultati accettabili, buoni ma di qualità inferiore rispetto a quelli di altre città. La causa di questo mediocre posizionamento è stata attribuita all'insufficiente estensione del metro che lascia scoperte alcune zone e alla mancanza di informazione.
La notizia l'ho ascoltata alla radio e non sono riuscito a trovarla on-line. So che lo studio è stato condotto dall'università di Stoccarda. Per cui se qualcuno vuole mettersi alla ricerca per fare confronti ha qualche indizio.
Il mediocre risultato è però confermato nella realtà. I treni sono decrepiti e soggetti a guasti frequenti, le scale mobili sono spesso fuori uso. Il rammoddernamento delle stazioni procede con molta lentezza. Aggiungerei, alla luce di quanto visto, la scarsa sicurezza.
E' inconcepibile che un manipolo di bambocci faccia il bello ed il cattivo tempo su un treno del metro per lunghi minuti nella compiaciuta certezza dell'impunità, senza che un poliziotto o un addetto alla sicurezza si degni di comparire. Sono stati i passeggeri a doversene occupare.
Non si capisce poi quale ragione deficiente li abbia spinti a sdoppiare la linea che va da Simonis a Roi Baudouin. In pratica hanno creato una specie di capolinea virtuale cinque stazioni prima di quello reale. Con il risultato che nell'ultimo tratto passa la metà dei treni. Dopo le otto l'attesa può divenire estenuante. La Stib ha in questo modo meno grane ma gli utenti sono costretti a sostare a lungo in autentiche stazioni luna park. Un vero capolavoro.

La commune di Laeken a nord di Brussels non è male. Ci sono parchi immensi (vedere testata del blog), c'è l'Atomium. Non lontano da casa c'è il multisala più grande del Belgio. Abbiamo bar, ristoranti, supermercati. La più grande biblioteca pubblica in città non è lontana da qui. Andare al centro spesso non è necessario. Ma a causa di quello che si deve attraversare per raggiungere il centro sconsiglio comunque di venirci ad abitare. Un peccato.