martedì 29 dicembre 2009

La nonnocrazia


Eboli, via L. Da Vinci, affissione abusiva passibile di sanzione

Per la propaganda l'Italia si sarebbe grosso modo salvata dallo Tsunami finanziario che ha devastato i paesi anglosassoni. Osservando però le cose più da vicino si scopre facilmente quale sia l'uovo di colombo che il genio italico si è inventato per conseguire un tale risultato. Un welfare state sui generis fondato sulle pensioni dei nonni.

La crisi globale è frutto dell'impoverimento delle classi medie il cui potere d'acquisto si è ridotto costantemente negli ultimi 30 anni. Questo fenomeno è globale e dipende dallo spiazzamento tecnologico e dal prevalere dell'ideologia neo-liberale. Dovendo però gioco forza mantenere alto il livello dei consumi si è pensato bene di consentire alle famiglie di indebitarsi fino alle orecchie, fino al collasso del sistema.
Ma in Italia siamo notoriamente più intelligenti degli altri. In particolare poi in meridione si sa che "nisciun è fess". E allora ci siamo inventati una sorta di stato sociale parallelo alle vongole fondato sui redditi dei nonni. La nonnocrazia.

Basta andare per strada in una giornata di festa per comprendere. Ci vedi gente più o meno giovane, elegante, che fa sfoggio di telefoni e vestiti. Preparano le vacanze invernali e pianificano quelle estive. Qualcuno ha messo famiglia ed ha prole.

Ma trattasi di un benessere artificiale, di panna montata, fatto di affitti pagati dai genitori, conti cointestati, nonne babysitter, mutui poggiati sui patrimoni di famiglia, elargizioni continue ed incessanti. In pochi potrebbero consentirsi un simile carnevale autofinanziandosi con i redditi miserabili che il mercato del lavoro offre. Per andare avanti si attinge alle risorse della famiglia d'origine. Si prende senza neanche chiedere. Si da per scontato che gli anziani non abbiano altra aspirazione che farsi carico dei problemi dei figli anch'essi ormai senescenti.

Per secoli sono stati i figli a prendersi carico dei genitori anziani. Ora la logica è innaturalmente ribaltata. Queste sono cose note a chiunque conosca la società italiana. Ma la novità sta nel salto di qualità che è ora in corso, proprio quando le crepe del modello iniziano ad essere visibili agli occhi più attenti. La nonnocrazia ha già toccato il suo iceberg, rappresentato dalla finitezza, ahimè, della vita umana. Le laute pensioni di un tempo presto spariranno per essere sostituite da quelle post riforma a mala pena sufficienti a sfamare il percettore.
Ed ecco che la voracità incontinente degli ex bamboccioni frustrati diventa ancora più aggressiva e violenta. Non basta più saccheggiare i redditi e il tempo degli anziani. Adesso sotto tiro iniziano ad essere i patrimoni.
Mi è stato detto di un tizio, tutto macchine e discoteche, che si è fatto finanziare per anni da genitori e zii le proprie glorie metropolitane non essendo il suo stipendiuolo adeguato alla sue manie di grandezza. Di recente ha chiesto ai suoi di vendere la casa dove essi vivono per finaziargli la relazione con la sua nuova fiamma. Di fronte al prevedibile rifiuto ha troncato i rapporti con la famiglia. Mi era capitato di raccontare in passato una storia simile in un altro post.

Cartelli pubblicizzanti immobili invenduti sono dovunque. Il crollo del mercato immobiliare è ormai nell'aria anche nelle province dell'impero. I cenoni di capodanno sono destinati ad essere un clamoroso flop. Si vendono persino meno fuochi d'artificio. Le feste di quest'anno sono tutt'altro che serene.
Non ho mai creduto alla retorica della società civile migliore della politica che esprime. Piaccia o non piaccia, la politica non è che lo specchio fedele della popolazione. Spero di sbagliarmi ma non vedo in questa Italia le qualità per risollevarsi dalla situazione nella quale si è cacciata prima che sia troppo tardi. In queste condizioni anche dire Buon Anno può apparire come un esercizio di sarcasmo.

giovedì 24 dicembre 2009

Natale in casa Sobieski


Il natale in Polonia è fantastico. Specie se sei polacco.
Gli alloggi non sono grandi. Si sa, il comunismo era malvagio e costruiva appartamenti piccoli. Se poi nell'appartamento piccolo ci schiaffi dentro, padre e madre, fratello e sorella, zia e zio con le stampelle (povero lo zio, vedere post precedente), pelosissima gatta persiana ed infine ospite terrone allora si che comincia il divertimento.
Darius, il fratello, ha molto a che lamentarsi. Una lamentazio di sottofondo ad intensità costante, un po' come il rumore delle galassie. Ma anche papà Sobieski borbotta molto, moltissimo.

-C'e' tuo padre che sta facendo un lungo discorso.. - ieri dicevo ad Ala a tavola
-Tu non c'entri niente, fa sempre cosi' - ha risposto annoiata come se stessimo parlando della radio.

La cosa mi ha dato grande gioia e mi ha riempito il cuore di compiaciuta soddisfazione. E' la prima volta, credo in decenni, che qualcuno si lamenta nelle mie vicinanze ed io non ne sono la causa.

Nei paraggi della casa di Ala non c'e' nulla di vagamente interessante che possa essere raggiunto camminando. Quanto all'inverno artico, esso ha avuto vita breve. Ieri e' arrivato il disgelo che come simpatico effetto collaterale ha anche crepato le tubature delle condotte idriche. Per cui non c'e' acqua. Credo trattarsi certamente di un castigo del dio degli acquedotti. Qualche tempo fa infatti, quando accade lo stesso ad Eboli a causa di un paio di acquazzoni, ebbi modo di dire ai miei di non essere più abituato a vivere in posti dove tagliano l'acqua per futili motivi.

I soggiorni in Polonia per me sono una sorta di limbo esistenziale. Non ho impegni di nessun tipo, non ho problemi di cui occuparmi. Passo il tempo leggendo, scrivendo boiate sul blog e trasformando i Christmas Carols polacchi in truculenti canti generalmente contro l'Inter. Posso farlo, nessuno spiaccica una mezza parola di alcunché che non sia polacco. Ho anche preparato la lista dei buoni propositi per l'anno nuovo. Si fa a capodanno, ma ne anticipo la compilazione essendo ormai chiaro che non ho un tubazzo da fare. Ecco la lista delle annunciazioni:

-Smettere di mangiare fuori e prepararmi il mio cibo
-Sperimentare qualche forma di vegetarismo.
-Trovarmi quanti più interessi possibile a costo zero.
-Comprare e leggere how I lived a year on just a pound a day .
-Partecipare alla Brussels Marathon, 20km, in primavera.
-Comprare una bici.
-Uscire dall'ambito claustrofobico degli expats.
-Chiudere i conti col francese ed iniziare l'olandese (ma non a gennaio!).
-Aprire un blog in inglese. Si tratterà di un blog monotematico su un unico limitatissimo argomento. Quando l'avrò aperto sarà più chiaro lo scopo.
-Potare gli stramaledetti olivi. A tal proposito mi riservo la settimana tra il 20 ed il 27 dicembre. Ma dato che una settimana non basterà mi riservo anche quella di capodanno, e qui siamo già nel 2011.

Nella speranza di non aver fatto confidenza eccessiva nel fatto di non essere letto da Ala, colgo l'occasione per fare a tutti i miei migliori auguri di buone vacanze e di un felice 2010.

domenica 20 dicembre 2009

L'inverno artico


L'aereo decolla da Zaventem con quasi due ore di ritardo e volteggia qualche minuto sul centro della città che le recenti nevicate hanno velato di bianco. Dall'alto Bruxelles ci appare appiattita e compatta prima di sparire dalla visuale dell'aereomobile che ora punta decisamente verso est. Il nord Europa sembra come ibernato dal gelo di questi giorni. Scorre lento in una lunga sequenza in scala di grigio a intensità diversa, come in una esposizione di foto d'arte in bianco e nero.
Il capitano ci avverte, all'atterraggio a Varsavia il termometro lo troveremo a -19.
Mi perdono la valigia. Secondo la versione ufficiale la colpa sarebbe di Bruxelles. La coda allo sportello e la pila dei bagagli non assegnati lasciano pero' più di un sospetto.

Fuori il fratello di Ala, Darius, si becca una multa di 50 sloty per essersi fermato troppo a lungo in zona di transito. Il poliziotto ci mette una vita a compilare il verbale lasciandoci mezz'ora nell'auto gelata. Darius ci dice di dover sbrigare alcune commissioni prima di poter partire per la destinazione finale. Passiamo per casa sua per ritirare la borsa, poi per il centro commerciale dove compro il minimo indispensabile essendo ora senza bagaglio.

Varsavia è una città' strana. La distribuzione urbana è estesa e rarefatta. Gli edifici sono distanziati. Gli interminabili spostamenti seguono stradoni lunghi e scuri, larghi e ghiacciati, trasbordanti di neve mal spalata. Non c'e' anima viva.
La monotonia s'interrompe al centro dove imperversano a ridosso delle gigantesche insegne luminose dei centri commerciali. E' un sabato prenatalizio. Il traffico si intensifica. Le auto restano a lungo in fila nel gelo prima di guadagnare l'entrata ai parcheggi.
La colonizzazione ad opera dei marchi della grande distribuzione internazionale, in un paese stremato da decenni di oppressione e miseria, non ha trovato nessun tipo di resistenza.
La Polonia fu il primo paese d'oltre cortina a passare negli anni novanta, prima ancora della caduta del muro, dal comunismo all'ultra-liberalismo reagan-tatcheriano, da un dogma all'altro, da socialismo reale a capitalismo reale. Di colpo e senza tappe intermedie.

Darius ci comunica di dover ancora consegnare le stampelle allo zio. Povero lo zio, penso, però le stampelle magari gliele poteva portare prima. Dopo l'ennesima interminabile traversata nel nulla lasciamo la città e facciamo rotta verso ovest. La radio dice che la temperatura e' ancora a -19 ma la si percepisce come se fosse a -25 a causa del vento freddo. L'inverno quest'anno viene dall'artico. All'arrivo le mie gambe sono agili e flessibili come due blocchi di granito congelati.

Diceva mia nonna ''mogli e buoi dei paesi tuoi". Non sono d'accordo. E' un proverbio sbagliato quasi quanto il più celebre "il tempo è denaro" la cui applicazione pratica e' causa di molti dei mali dell'umanità. Siamo quasi nel 2010. I muri sono caduti, le frontiere non esistono più. Viviamo in un'era d'integrazione e d'interscambi. No, uno un bue deve essere libero di comprarselo dove gli pare.

domenica 13 dicembre 2009

Post numero 50




Non ci fu una ragione precisa dietro la decisione di aprire il blog. Era un po' che seguivo silente i blog di altri italiani all'estero. L'avventura spagnola cominciava a mostrare tutti i suoi limiti. Consideravo l'Irlanda come possibile meta futura. Poi sulla ruota del destino venne fuori Bruxelles. Continuai, comunque, la lettura finché, forse per emulazione, forse per darmi una ragione per scrivere, forse per provare ad uscire dal guscio, decisi di inaugurare il mio.

Dopo 50 post non sono ancora sicuro di aver appieno compreso la vera essenza dello strumento. Scrivere in rete ha regole e segreti che ancora mi sfuggono. Non riesco a tenere corti i post, non riesco a concentrarmi su pochi argomenti contigui, non uso video che in rete funzionano meglio dei testi.

Non sono nemmeno capace di descrivere con precisione di cosa si tratti. Si dice che un blog sia un diario pubblico. Ma la definizione non rende. Certo è pubblico, quello è sicuro. Come in un diario può esserci la dimensione personale. Ma non è obbligatoria. Ci sono moltissimi ottimi blog che non dicono nulla sulla sfera personale dell'autore. Ma non è diario nemmeno dove la sfera personale esiste. Un diario è costituito dalla descrizione minuziosa degli eventi vissuti da chi scrive, tra questi pensieri ed emozioni, spesso slegati gli uni dagli altri e messi in fila dallo scorrere del tempo. Riprodurli pedissequamente in rete non ha molto senso:

Oggi ho visto una donna islamica con quattro figli. Berlusconi ha dato dell'abbronzato ad Obama. Ho provato a comprare una sciarpa viola e mi hanno riso in faccia. Un mio collega voleva andare in Puglia ma ha rinunciato perché costava troppo.
Non commestibile online. Ecco, un blog forse serve a dare un contesto ai fatti di un individuo. Il blog sta alla storia come un diario alla cronaca e magari il segreto di buon blog é costruirlo su un diario personale segreto.

Non dico mai a nessuno di avere un blog. Amici, colleghi, parenti non ne sono informati. Ne è a conoscenza chi ci è arrivato da solo. Non so ben spiegare questa ritrosia dovuta forse all'atteggiamento scettico dei tanti che lo considerano una sorta di stravaganza avulsa dalla realtà.
-Ah si? hai scritto questo? Dai dammi il link, poi lo leggerò

Ma scrivere in rete è qualcosa in più di un banale passatempo. Si scrive per se stessi in primo luogo, per tenere traccia della storia delle proprie idee. Ma il processo non è neutro. La trasposizione stessa, di riflessioni ed emozioni confuse ed annebbiate, in sequenze di lettere e parole è processo impervio pieno di sorprese con risultati imprevedibili. A maggior ragione poi quando il testo è destinato alla graticola della rete. Ed ecco che il pensiero nel suo stadio iniziale di impulso emotivo si raffina, si rielabora, si rafforza. Spesso il post che viene fuori è tutto diverso dall'idea iniziale che lo ha generato.

Leggendo i cavesi e gli altri irlandiani mi è sembrato a volte di condividere la loro esperienza. Certo vivere le cose di persona è un'altra cosa ma nell'impossibilità d'essere dovunque si va in Irlanda, in Svezia, in America tramite i racconti altrui. Ed è forse questa la vera essenza dei blog, quelli degli altri intendo. Ti allungano la vita. Nello spazio e non nel tempo, ovviamente. Allora scrivere il proprio è forse il modo per ricambiare il favore.

venerdì 4 dicembre 2009

No Berlusconi Day - I video

Eccolo qua. Il video che ho girato alla manifestazione. La videocamera è un po' vecchiotta però comunque è servita allo scopo di farsi un'idea di come sono andate le cose. Buona visione.

AGGIUNTA SUCCESSIVA:
Nel frattempo è venuto fuori il link al reportage della tv belga (ci sono anch'io!), la cui preparazione è visibile nel video.
Nella fervida attesa che servizi di questo tenore vengano mostrati anche nei telegiornali italiani, trovo molto positivo che inizi a diffondersi l'idea che il contagio mediocratico possa estendersi all'europa intera. Credo sia la ragione vera del successo della manifestazione brussellese (questo è stato il tema di un post precedente, la protesta degli italiani).

infine, un altro video di Paolabxll contenente anche le riprese dell'evento del giorno dopo a Charleroi.

No Berlusconi Day - come è andata.


Forze dell'ordine nei paesi civili

Giorno di NO BERLUSCONI DAY, Bruxelles.
Il colore dell'evento si è deciso fosse il viola, a simboleggiare lo stupro, le viole, della democrazia italiana. Nei giorni passati ho affisso il volantino in varie bacheche, dell'ufficio, della scuola fracese, ne ho parlato di persona agli italiani che conosco, ho messo un post sul blog della classe di francese. Unico neo, non avevo nulla di viola. Fatto 30 si fa 31, allungo ulteriormente la pausa, e parto per la mission impossible: reperire un indumento viola. Alle 11.30 passo per Square de Meeûs e non c'è ancora anima viva. Perlustro i negozi dello chaussée d'Ixelles. Alla C&A domando alla commessa se ha qualcosa di viola, una sciarpa un cappello "le violet pour homme!!!??? mais evidement non!!".
Esco e prendo una sciarpa da donna altrove. Ecco, per chi c'era, io ero quello ridicolo con la sciarpa da donna viola legata allo zainetto.

Ritorno a Square de Meeûs. Sono le dodici. C'è già un gruppetto di persone con striscioni e palloncini. Arrivano Andima e gli altri blogger. Ci stiamo ancora salutando che arriva la tv fiamminga. Vuole sapere se vogliamo rispondere a qualche domanda. Mi offro volontario. Mi chiede delle ragioni della protesta, dell' obiettivo che ci proponiamo. Blatero qualcosa tra il timido e l'impacciato. Forse finirò sul telegiornale fiammingo di stasera (qualcuno sa qual'è il canale? Il tg va in onda stasera alle 20).
Di media italiani invece nemmeno l'ombra. Ci penseremo noi a raccontare come sono andate le cose. Prendo la mia vecchia video camera e comincio a filmare.
Nel frattempo il numero di partecipanti cresce abbastanza ed il corteo può partire. DG giustizia, Parlamento europeo. Il traffico del quartiere impazzisce. Il corteo è colorato e rumoroso. Attira l'attenzione dei passanti, la gente dagli uffici saluta, incoraggia.
La marcia continua. Si passa accanto al Comitato delle regioni. Al consiglio della EU. Ormai l'europa sa di noi. Si arriva a Shuman, il palazzone della commissione è visibile sullo sfondo. Piove e fa freddo, ma questa volta la manifestazione sta riuscendo.

La bella notizia è che ci sono tantissimi giovani, tanti ragazzi delle scuole. Non ci sono bandiere di partito, l'età media è bassissima. La fantasia dei ragazzi è senza fine. Anche Andima è attivissimo. Ruba il megafono ad un organizzatore, inventa slogan a mitraglia.
E' giorno lavorativo, in molti iniziano a andar via. Nonostante questo la manifestazione non viene sciolta come avvenne l'altra volta. Un ragazzino dice che se non si fanno le due lui non si sposta.
Una signora mostra le foto di Falcone e Borsellino. Dice che le tiene esposte nel suo ufficio da 15 anni. Che lei giudica le persone in base a come reagiscono quando le vedono. Speriamo che si venga a sapere presto la verità su quelle stragi, le dico.
Sono le due meno cinque e a quel punto il megafonista fa partire il più azzeccato degli slogan, all'ultimo minuto, come il gol di Del Piero alla Germania, "Fuori la mafia dallo stato".

Nulla può esprimere meglio quello che veramente oggi si chiede: la mafia, e non soltanto il capo del suo ufficio marketing, fuori dallo stato. Lo si continuerà a chiedere domani a Roma, a Charleroi, Edimburgo, Dublino, in tutto il mondo.

Adesso corsa contro il tempo per il video...