martedì 2 agosto 2011

Leggi razziali


Lo ius sanguinis in vigore in Italia, e in molti paesi europei, per l'attribuzione della cittadinanza andrebbe considerato a tutti gli effetti alla stregua di una legge razziale.

Si concede la cittadinanza a chi ha un bisnonno emigrato un secolo fa, che magari la lingua la parla male e che il paese lo trova a fatica sulla carta geografica.
Non  la si concede invece, o la si concede con enormi difficoltà, a chi nel paese ci è nato e vissuto, ci ha studiato, parla con accento locale, e dove ha sviluppato interessi e relazioni sociali.
Si subordina cosí l'esercizio di un diritto fondamentale a fattori quali la discendenza, al diritto ereditario, ai cromosomi, al sangue. I tratti distintintivi cioé di una legislazione di tipo razziale, ne più ne meno.
Ma uno che non è cittadino, è svantaggiato nell'accesso ai servizi, non ha diritti politici. Puó essere teoricamente rimandato al paese dei genitori in qualunque momento. Paese che magari nemmeno conosce, che è poco più di un ricordo di vacanza, di un racconto nostalgico, di un mito lontano di cui sa poco.

Proprio ieri leggevo un articolo sulla legislazione belga in materia, che trovo a mala pena passabile. I genitori non belgi di un bambino nato in Belgio possono domandare la cittadinaza a condizione che abbiano abitato legalmente nel paese nei dieci anni precedenti la richiesta. Questa dichiarazione va fatta comunque prima del compimento del dodicesimo anno di età. In sostanza dipende dalla situazione dei genitori più che dallo stato oggettivo dell'individuo.
Solo appena meglio della legislazione italiana. Ma noi, si sa, in quanto a leggi razziali siamo imbattibili.

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