sabato 13 febbraio 2010
Una normale serata brussellese
Transilvania, abitazione tipica
Volevo raccontare di una serata tipicamente brussellese e di un episodio che l'ha caratterizzata.
Ero a cena con una quindicina di persone di diversa nazionalità. Polonia, Italia, Ungheria, Repubblica Ceca, Francia, Bulgaria e Messico erano degnamente, spero, rappresentati alla tavola. Dei presenti però ne conoscevo si e no tre o quattro. Nulla di strano. Eravamo tutti nella medesima situazione. Nessuno aveva lì più di tre o quattro conoscenze.
Non è la prima volta che mi capita da quando sono qui a Brussels. Direi che anzi è una situazione piuttosto abituale. Tra le cose che questi due anni mi hanno dato c'è di sicuro l'accresciuta abilità nel destreggiarmi con persone appena conosciute.
Il ragazzo francese era il più entusiasta. Diceva di trovare sorprendentemente facile entrare in contatto con persone di tutti i paesi a differenza della Francia, Parigi inclusa, dove le barriere culturali sono ben più rigide.
Più volte mi è capitato di lodare questo aspetto della città sul blog e quindi concordo con questa opinione. Va anche detto però che i Belgi ed il Belgio c'entrano poco.
Dipende in maggior misura dalla storia della città, dalla sua posizione geografica, dalla sua identità poco definita, e soprattutto, dalla presenza dell'istituzioni di un'Europa che oggi è composta da 27 paesi.
Fosse per la popolazione indigena costruire relazioni sarebbe arduo come in qualunque altro posto, con i francofoni testardamente monolingua, ed i fiamminghi poliglotti ma aggrappati alle loro pulsioni autarchiche.
Ma qui ci sono gli expats. Un universo fluttuante fatto di persone, mediamente giovani ed istruite, con diverse aspettative di permanenza, ma avide di relazioni sociali in un paese che non è il loro. Ovviamente questo modello di socialità che porta all'instaurazione di relazioni molteplici, superficiali e di breve durata ha i suoi ovvi inconvenienienti. Ci sarà modo di parlarne.
Vengo però all'episodio che mi ha spinto a parlare della serata. Della cena mi aveva informato Peter, quel ragazzo ungherese di cui avevo già parlato in un vecchio post scritto dopo aver fatto la sua conoscenza. Certo, le rigidità della prima impressione le ha poi confermate tutte, ma ha anche fatto mostra di spirito ed autoironia sufficienti per riderci sopra e per ricambiare la cortesia. Abbiamo finito per diventare amici.
Ad un certo punto durante la cena ci tocca aggiungere un posto a tavola per un amico in più. A dire il vero a tutt'oggi non è ancora chiaro di chi fosse amico. Ma questo è un dettaglio. Si tratta di Bogdan, rumeno, un tipo brillante, dalle buone maniere e dalla parlantina facile. Inizia a raccontare del suo paese ed ad un certo punto menziona la minoranza ungherese che vi ci abita. Gli ungheresi di Romania sono stati vittime per anni del brutale tentativo di rumenizzazione messo in opera dal regime di Ceaucescu. La ferita rimane aperta ancora oggi con i due paesi integrati nell'unione Europea.
Peter appartiene a quella minoranza. Ad un certo punto si avvicina al nuovo arrivato e gli si rivolge in rumeno con la naturalezza di chi incontra un proprio connazionale all'estero. Si presentano e conversano amabilmente per qualche minuto.
L' episodio mi ha sbalordito. Conosco infatti un'altra ungherese di Transilvania, con qualche annetto in più rispetto a Peter. Nell 1988 rischiò la vita pur di riuscire a riparare in Ungheria. Da funzionaria UE aveva l'obbligo di conoscere una seconda lingua straniera comunitaria. Ha preferito studiarne una nuova pur di non dover ufficialmente dichiarare la propria conoscenza del romeno.
Si parla spesso dell'Europa, delle sue istituzioni, dei suoi limiti e delle sue insufficienze. Ma il fine primo della sua creazione non è stata la politica o l'economia. E' stata proprio la necessità di smorzare inimicizie secolari che si sono tradotte di volta in volta in guerre e tragedie. Forse è questo il successo più grande dell'Europa di oggi, ed forse questa la ragione per la quale proprio qui a Brussels queste antiche ruggini sembrano così lontane nel tempo e nello spazio.
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ho un paio di amici transilvani.
RispondiEliminaUno di essi si chiama Vlad, conosciuto a Bucharest. L'odio nei confronti della minoranza ungherese e' ancora acceso, vivo. Vlad e' di Brasov.
Dall'altro lato, ancora oggi l'ungheria reclama (non ufficialmente)quella regione come sua.
Chi, come me, ha visitato la Romania, riconosce facilmente lo stile ungherese di quelle zone.
Insomma antiche ruggini. il tempo e l'europa forse guariranno le ferite.
Ma quale odio nei confronti della minoranza ungherese???!!!
RispondiEliminalì, in Transilvania, si convive tranquillamente (e questa non è l'unica minoranza da quelle parti). Non è merito dell'UE che lì ci sia calma e un rapporto normale tra le persone, loro avevano imparato a convivere molto prima dell'entrata della Romania e dell'Ungheria nell'unione.
Ci sono soltanto dei gruppi estremisti, sia da una parte che dall'altra, il che però non vuol dire assolutamente niente.
Solo fuori dalla Transilvania si crede che i romeni odiano gli ungheresi e viceversa, basta però andare lì e convincersi del contrario.
Io sono romena e per anni ho studiato e lavorato insieme a gente che apparteneva a diverse minoranze e non c'è mai stata neanche l'ombra dell'odio.
Il mio ex collega vlad e la sua combriccola di amici saranno estremisti allora. Buono a sapersi. Di fronte a me ho un altro transilvano, proprio in questo momento.
RispondiEliminaCHiedo a lui?
Si chiama Alexi
cacchio Vinz. Oggi c'e' una brutta notizia di un incidente tra due treni........
RispondiEliminahai aggiornamenti?
Mi associo a Bacco.
RispondiEliminaspero tu ed andima stiate bene.
Gli stessi che hai tu, Bacco.
RispondiEliminaSembra che uno dei due convogli non abbia rispettato il rosso. Le condizioni atmosferiche credo c'entrino poco.
Grazie per l'interessamento. Aspettiamo notizie da Andima ma nemmeno lui prende normalmente quel treno.
mi ero preoccupato, lo ammetto.
RispondiEliminaCredo sia un treno per gente che vive qualche decina di chilometri fuori citta'.
In genere sono stracolmi immagino
Si. Si tratta di treni pendolari. Leggevo qualche commento su Le soir. Mi sembra di riascoltare le stesse considerazioni che sentivo ad altre latitudini, che tu ben conosci, tempo fa.
RispondiEliminaSembra proprio che quella dei pendolari sia una categoria dannata dovunque
I Taf, treni ad altra frequentazione, sono così.
RispondiEliminaoggi,almeno le linee che frequento io, i treni comunicano con la rete e non solo i blasonati eurostar ma anche i Taf.
quindi se un macchinista sbaglia, il treno lo avverte ed in alcuni casi da un segnale d'allarme alla rete.
questo vale per i treni nuovi soltanto chiaramente.
vabbè, speriamo che il numero delle vittime sia il più basso possibile.
ne ha parlato giusto Andima:
RispondiEliminahttp://andimabe.blogspot.com/2010/02/il-futuro-delle-ferrovie-belghe-ed.html
cacchio,l'italia è addirittura avanti rispetto al belgio stando a quello che scrive andima.
Hola a todos:)
RispondiEliminaarrivo in ritardo su questo post visto che dall'ufficio ho accesso a poca roba e a casa non ho il portatile (e comprare un portatile querty in Belgio sembra sia una bestemmia.. almeno per la sony).
Si' come ha detto TopGun ho parlato un po' dell'argomento visto che io lavoro per le ferrovie belghe (come consulente) da oramai 9 mesi e da lunedi' e' praticamente il caos in ufficio. Brutta storia :(
@hukina,
RispondiEliminaInnanzitutto scusa per il ritardo nella risposta. La tragedia ferroviaria ha un po' distolto l'attenzione dal topic.
Che le cose in Transilvania stiano come dici tu a me fa solo piacere. Se poi l'europa c'entra poco ancora meglio. Significa che la convivenza è ancora più solida.
Lo scopo del post era quello di mettere in evidenza il diverso atteggiamento di persone originarie di quelle zone, non certo trarre conclusioni su una questione che conosciamo solo di riflesso per quello che ci è stato raccontato.
Quanto al commento sulla funzione pacificatrice dell'Europa, quello era a carattere generale e non limitato solamente alla questione Transilvana.