Allora è passato un anno.
Ricordo di
quello che disse la ginecologa alla neo-mamma in sala parto.
-Ti va bene questo bebé? No, perché qui non si applica il
soddisfatti o rimborsati.
-No, no, ripose lei. Mi piace questo qui.
E come se lo rimirava
tutto urlante e puzzolente, grondante di sangue e muchi. Da sempre il concetto di amore materno è legato
a fil doppio con quello di scarrafone.
Per il resto è
facile dimenticarsi che un anno è composto solo da 365 giorni. Specie quando ti
aspetta una pila di volumi, freschi da Amazon, su come educare un moccioso.
Nel primo
paragrafo di norma ti spiegano, che quando hanno meno di un anno non c'è modo di educarli. Che gli si
cambia i pannolini, li si nutre ogni tre ore, e poco altro. Di sicuro non un
motivo sufficiente per rinunciare a un qualunque posticipo della serie C Neo-Zelandese
Adesso però c'è stato
l'upgrade. A un anno non si è più baby
ma toddler, spiegano dottamente gli
esperti. Ora si che devi cominciare a spiegargli le cose. Ludo, per far capire
l'aria che tira, ha già pensato bene, a 12 mesi e un giorno, di sfasciare una
piastrella del bagno.
Certo, ancora non
cammina, a differenza del figlio di quella mia coetanea che è nato
una settimana dopo di lui [l'utilità di Skype a volte è sbalorditiva].
Ma si sa che strisciare
sul pavimento è molto più pratico e confortevole e non comporta rischi
di deambulazione.
Le sue capacità
logico-deduttive sono comunque impressionanti.
L'altro giorno
dopo avermi sentito pronunciare una qualche amenità sull'appartamento che
sembrava lo sversatoio di via Cuciniello, la madre gli ha chiesto di dirle chi
fosse secondo lui il rompipalle della casa. E lui me l'ha subito indicata puntando il dito.
L'ho sempre detto
che il talento è tutto.
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