sabato 10 aprile 2010

L'ora dei dubbi


primavera belga

Il rientro dalle vacanze è di norma un periodo critico per l'espatriato. E' quando inizia a nutrire più dubbi e domandarsi come sarebbe potuto essere se avesse fatto scelte diverse.

Il ricordo delle vacanze appena trascorse è ancora fresco. La famiglia, le giornate di bel tempo, gli amici rincontrati, le mangiate, i 10-15 gradi in più, la curiosità altrui per quanto si ha da raccontare, sono tutte cose ben stampate nella memoria.
Poi egli ritorna e trova giornate primaverili ma non troppo. La città ora appare più aliena di come sembrasse prima di partire. Si torna ad essere uno dei tanti.

E' questo contrasto tra realtà e ricordi a generare questo stato d'animo fatto di dubbi e rimpianti.
Si tratta pero' di suggestioni, scaturite da una percezione distorta del reale, che portano a delle conclusioni sbagliate. L'errore sta nel confondere lo straodinario con l'ordinario, le vacanze con la quoditianità.

Perché quello che si è appena vissuto non sarebbe affatto la normalità una volta rientrati in Italia. In una vacanza breve non si ha a che fare con burocrazia, malasanità, trasporti scadenti, ambienti di lavoro opprimenti. In questi brevi intervalli si prende il meglio e si evita il peggio. E' da qui che nasce l'equivoco.

Faccio un salto indietro quando anni fa fui dislocato dalla mia società a Milano per per un progetto pluriennale. La permanenza in Lombardia fu lunga.
Chi emigra al nord non trova la barriera linguistisca certo, ma nemmeno l'ambiente cosmopolita e variegato che c'è qui. A Milano la società e più asfittica e segmentata in comparti stagni. Ci sono i locali, gli immigrati poveri tagliati fuori da tutto, e poi i meridionali. Tra questi il volume della lamentazione può diventare assordante. L'isolamento e l'avversione sociali che li circonda spesso provocano in loro un lento ma costante scollamento dalla realtà.

Sviluppano un'immagine quasi iconografica delle terre d'origine. Si seleziona tra i ricordi e si prende solo quanto in essi c'è di bello. Il cibo, il clima, l'accoglienza, il paesaggio. Il sud diventa un paradiso immaginario dove la sola cosa che manca è il lavoro. Ci fosse quello l'idillio sarebbe completo.
All'epoca ero meno impermeabile a queste suggestioni ed i periodi di vacanza non facevano che alimentarle. Qualcuno da Napoli poi mi diceva che lavorare in sede era tutt'altra cosa, che l'ambiente era allegro e goliardico, un po' come tornare al liceo. Insomma tutto meglio, eccetto i rimborsi trasferta.
Finché la società decise di cambiare politica. Fece rientrare tutti in sede dove si lavorava per gli stessi clienti ma in remoto.
La realtà delle cose spazzò via presto ogni illusione. La vita da pendolare divenne un incubo. Al lavoro si faceva manutenzione di sistemi vecchi sviluppati un decennio prima con tecnologie ormai obsolete. L'ambiente era opprimente, la pressione alta, il servilismo insopportabile con pratiche gestionali ai limiti della legalità e un'imbarazzante sudditanza verso gli uffici milanesi e romani. Non di rado le promozioni venivano decise sulla base di logiche di appartenenza e giochi di corridoio. La giovialità dei colleghi era spesso di facciata e proporzionale alla propensione a compiere bassezze. Le rivalità venivano deliberatamente alimentate. Il salario non superava di molto la soglia di sussistenza.

Quel periodo mi è stato utile e mi ha per aiutato a sgombrare la mente da ogni equivoco, da ogni suggestione o percezione errata. Certo dell'Italia mi mancano molte cose, e tornarci in vacanza mi fa sempre piacere. Viverci in pianta stabile è però tutt'altra storia.

8 commenti:

  1. "Perché quello che si è appena vissuto non sarebbe affatto la normalità una volta rientrati in Italia. In una vacanza breve non si ha a che fare con burocrazia, malasanità, trasporti scadenti, ambienti di lavoro opprimenti. In questi brevi intervalli si prende il meglio e si evita il peggio. E' da qui che nasce l'equivoco."

    questo pezzo in sei righe, spiega un fenomeno di emigrazione imponente.

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  2. quoto top, ma rileggendo alcune di quelle righe

    "In una vacanza breve non si ha a che fare con burocrazia, malasanità, trasporti scadenti, ambienti di lavoro opprimenti. In questi brevi intervalli si prende il meglio e si evita il peggio."

    ho pensato che si può fare anche il discorso al contrario (spero senza andare troppo ot), che quelle righe si possono applicare ad ogni luogo ed ecco come molti turisti si creano i miti dei paradisi all'estero, perché anche quando si va all'estero "si prende il meglio e si evita il peggio", poi pero' sono sempre compromessi, di quelli italiani ne siamo a conoscenza e sappiamo cosa lasciamo, spesso pero' molti ragazzi lasciano tutto e vanno via in posti di cui sanno poco o in cui son stati appena come turisti, ovvio che tutto e' sembrato perfetto e da qui poi nascono lamenti e umori grigi, perché fondamentalmente non conoscevano i compromessi a cui andavano incontro: tutti e' impossibile conoscerli a priori, e' chiaro, ma qualcosa si può anticipare.

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  3. eh, bravo andima. non avevo pensato alla formula inversa.

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  4. La lamentazione asfissiante dei Campani a Roma e Milano ha un nome che abbiamo dato entrambi qualche tempo fa. La sindrome di pulcinella.
    E' asfissiante, veramente. Qualunque cosa e' meglio a Napoli.
    La gente, il cibo, le auto, i vestiti. Finanche le strade e la sanita'. Ricordo colleghe che dicevano che non si sarebbero mai fatte toccare da un medico milanese. Giuro.
    Ah si, ricordo poi un tipo a cui gli si ruppe il radiatore a Roma, e pur di non portare la sua auto da un meccanico a Roma, se la fece trainare con la fune dal padre per tutta la strada statale che porta a giugliano. Come si chiama? pontina? Non ricordo..
    Un folle comunque. E parliamo di un'auto vecchia di quasi 10 anni.

    Per Il resto concordo. Lavoravamo nella stessa azienda e le sensazioni sono le stesse. Porto comunque un bel ricordo di quel posto, dove lavorano ancora alcuni dei miei migliori amici.
    Io ero tra quelli a cui le promozioni arrivavano, ma devo ammettere che spesso si creavano gruppi di potere, servilismo. Io ne ho smantellato uno in particolare attraverso il lavoro duro, che poi fu premiato.
    Non parliamo delle tecnologie.
    A Napoli arrivavano gli scarti del nord. C'e' poco da fare.
    Bel post.

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  5. @Top,
    Se in molti emigrano dal posto A al posto B, e quasi nessuno dal posto B al posto A, ci deve necessariamente essere qualcosa, che va al di là delle valutazioni strettamente soggettive che depone a sfavore del posto A. Credo io.

    @Andima,
    Non solo il tuo commento non è OT, ma è assolutamente condivisibile. I confronti vanno fatti tra grandezze omogenee, ordinario contro ordinario, straodinario contro straordinario. In tutte le direzioni.
    Quella alla fine era l'intenzione del post. Non prendere posizione nella scelta tra restare e partire che resta del tutto personale, e rispettabile a prescindere.

    @Bacco,
    Mi rendo conto solo ora di aver usati toni un po assolutistici sull'esperienza Napoletana. Effettivamente anche in quell'anno ho incontrato persone con cui sono ancora in contatto e che ricordo con affetto. Non la maggioranza, pero' c'erano.

    Anche la frase sulle promozioni l'ho scritta male. Non sempre erano immeritate e tu ne eri la dimostrazione vivente. Quasi, quasi la correggo..
    Solita storia, usare sempre condizionali, se, ma...non si impara mai

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  6. @Vinz
    Ho solo puntualizzato due cosettina. Ma la tendenza e' quella descritta da te purtroppo.
    Ti ricordi la famosa DLL VB6? Quando esisteva .NET gia' da 6 anni?

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  7. Si vedeva che nel post parlavo di quella robaccia là, eh?
    Poi comunque tu a Napoli ci sei stato più a lungo per cui forse ti sei riuscito a fare un idea più variegata.
    Pero' alla fine grosso lodo con qualche sfumatura in più siamo li'

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  8. grandissima la DLL. me la sogno pure la notte. Ma come si fa a concepire una porcheria del genere...

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