martedì 28 dicembre 2010

Natale in casa Sobieski, a volte tornano


Come un anno fa  il primo segmento di feste l'ho passato in Polonia. Rispetto ad un anno fa Darius si lamenta un po' meno ma solo perché si e' fidanzato e, come dire,  è sessualmente appagato, per usare un linguaggio più consono al buonismo del periodo. In compenso papà Sobieski è rimasto uguale a se stesso. Ad essere ospitale però ci prova;  l'altro giorno si è sintonizzato, in mio onore, su TV - Radio Deejay, che per un mistero metafisico di difficile soluzione, è l'unico canale straniero che si riceve via cavo.
Più che un canale musicale sembra in realtà una hotline telefonica con donnine seminude che si dimenano in tanga.
Facciamo zapping. Adesso sotto l'insegna Fiat Auto Poland sfila un interminabile corteo di 600. Avranno deciso di chiamarla così, penso, per meglio esprimere il valore economico della vettura. In lire. In compenso, se a Marchionne venisse in mente di dotarla di telecomando, potrebbe sempre essere utilizzata per fare concorrenza, con ottime possibilita' di successo, alle macchinine cinesi radiocomandate del TOYnTOYS.
-Come fa Fiat a produrre vetture così? mi domando.
-E' proprio quello che stanno dicendo. Levano mano, mi spiegano.

Comunque tutto fila liscio. I preparativi per il pranzo natalizio vanno per le lunghe con livelli di complessità degni del Congresso di Vienna, ma con un più elevato tasso di litigiosità. Come dovunque la tre giorni 24-25-26 è una ingozzatoria unica senza soluzione di continuità.

 All'improvviso Darius dalla sua stanza mette a tutto volume un tormentone tecno molto in voga in Polonia.
"Jesteśmy w mediolanie!". Quanto sbraitato cioe' dalla vincitrice di un reality show per top models all'arrivo nella sua destinazione premio; l'Eldorado milanese della moda . 
Jesteśmy w mediolanie! Siamo a Milano! Grida come un'invasata subito dopo l'atterraggio. Si troverebbe, in realta', ancora a Malpensa in provincia di Varese (video) ma in TV suona male. E poi dicono che in Italia non siamo piu' capaci di importare cervelli...

Si esce poco ma solo perche' nessuno è mai riuscito a risolvere il complicato dilemma esistenziale di sempre; Dove cazzo vai? E comunque a -10 non c'e' trippa per gatti. Così si resta tappati in casa ma gli appartamenti restano quelli piccoli e spartani di un tempo. In compenso oggi ci si accumula dentro ogni tipo di merce per effetto del ritrovato benessere capitalistico. Ergo, di spazio per gli esseri umani ne rimane pochino, ragion per cui in Polonia si comprende meglio che altrove l'importanza di procedere a politiche di riduzione della popolazione.
-E' sempre bello ritornare nella casa paterna. Ma solo per pochi giorni sia chiaro, conclude [*] che si sara' capito continua a non leggere il blog.

Quanto al capodanno, accendo un cero al dio degli aereoporti. Veramente. Sono disposto anche a considerare sacrifici umani se necessario. Mi avanzano certe cugine.....

[*] Nome di donna di tre lettere (omesso a richiesta per ragioni di privacy)  che inizia e finisce con A e che costituisce al tempo stesso.........a questo proposito, al fine di evitare ogni volta 'sta tititera, stavo pensando di appiopparle un nick napoletanizzato. Pensavo a Cira, o che so, Gennara. Accetto suggerimenti.

sabato 25 dicembre 2010

Quasi, quasi quest'anno il natale me lo faccio pagano


L'istituzione della festa liturgica del Natale, come ricorrenza della nascita di Gesù, e la sua collocazione al 25 dicembre è tardiva (IV secolo). Dal punto di vista storico non ci sono certezze ne' sul giorno e nemmeno sull'anno della sua nascita.
Non sono riportati esplicitamente nei vangeli. Assumendo la storicità delle narrazioni, alcune indicazioni evangeliche indirette sono esaminate dagli studiosi, ma non sembrano comunque portare a conclusioni univoche e condivise. Il mancato interesse degli evangelisti nel datare la nascita di Gesù contraddistinse anche i cristiani nei primi secoli. [wiki]

E' molto probabile invece che si sia scelto proprio il 25 dicembre per cristianizzare una celebrazione che era comune a moltissimi culti e che gia' allora si svolgeva in quella parte dell'anno il sol invictus, ossia la festa del solstizio d'inverno.
Il sole viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente.
Per saperne di piu' sul suo significato astronomico e simbolico  basterà seguire questo link

Sull'origine non Cristiana del Natale ci sono ben pochi dubbi. 
E questo risolve un po' di problemi.
-Innanzitutto sbroglia uno dei miei personalissimi conflitti di interesse. Come mai ti dichiari non credente e poi festeggi il Natale?
-Mi permette di dare una valida risposta a quell'amico che contesta la sedicente laicità di Belgio e Francia (L'Italia non ci proverebbe nessuno a definirla laica, farebbe ridere le galline) chiedendosi come mai da musulmano è costretto a fare ferie a Natale. In generale non sarebbe male trovare accoppiare  a tutte le feste cattoliche (anche) una motivazione piu' laica.
-Fornisce un buon pretesto ai Giapponesi che invece il Natale vogliono festeggiarlo per ragioni consumistiche. La festa del sole invitto nel paese del sol levante. Fila liscio come l'olio 
-Infine abolisce quella che dicono essere l'aberrazione del Natale australiano in un clima surreale con solleone e termometro sopra i trenta gradi. Succede sempre se si festeggia il Natale quando NON E' Natale. La data giusta sarebbe in verita' il (gloriosissimo) 25 giugno, in prossimita' del solstizio d'inverno australe.

Vedete come tutto torna.

Mi ha fatto poi sorridere quanto dichiarato dal vescovo di Terni fondatore della comunita' S.Edigidio che tra l'altro implicitamente conferma l'origine non cristiana della festività. Quando gli hanno chiesto del vero significato del Natale cristiano ha risposto:
È  l’incarnazione di Dio in un bambino, povero e indifeso, in una delle periferie più remote dell’impero romano, la Palestina, non in un palazzo imperiale, ma in una grotta.
Un Dio che si è manifestato nella povertà e che pero' non disdegna di farsi rappresentare in terra da due millenni da una chiesa il cui scopo principale e' stato da sempre l'accumulazione di beni materiali.
E non mi riferisco all'Italia di oggi dove  ad esempio un quarto degli appartamenti dati in fitto appartiene ad enti religiosi e dove Comunione e Liberazione controlla regioni intere e mezzo governo (vedi La lobby di Dio).  Mi riferisco propri all'inizio, inizio.

Ne parla Oddifreddi in un post recente (IOR, da Pietro ai suoi successori) di riporto alcuni frammenti e di cui comunque suggerisco la lettura integrale:

Certo i problemi finanziari della Chiesa hanno una venerabile storia, lunga quanto la sua. Come raccontano gli Atti degli Apostoli, risalgono infatti a uno dei primi “miracoli” di Pietro, quando il primo Papa fece cadere stecchiti i due coniugi Anania e Saffira, rei di non aver versato alla comunità l’intero ricavato della vendita di un loro podere, così che “un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose”.
Un edificante episodio, questo, a proposito del quale l’Edizione Ufficiale C.E.I. ha da dire soltanto che “per la prima volta la comunità cristiana è chiamata Chiesa”. E non, invece, che esso rivela come fin dai primordi quella “comunità chiamata Chiesa” avesse incominciato a incamerare con la forza i beni dei Cristiani, inaugurando un business le cui modalità erano che “quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto, e lo deponevano ai piedi degli apostoli”.
E così, goccia a goccia, o meglio, campo a campo e casa a casa, in duemila anni la Chiesa ha potuto accumulare un patrimonio immenso, che nel passato era amministrato dal cosiddetto Obolo di San Pietro, e oggi lo è invece appunto dal pio Istituto per le Opere di Religione (IOR).
[...]
Se il buon giorno si vede dal mattino, era dunque ottimo quello che si era visto nel primo scandalo finanziario della Chiesa, completo di duplice assassinio.

Per concludere l'orgia consumistica che connota le festivita' natalizie non deve stupire e soprattutto non e' una novita'. Il Natale e' da sempre una festa pagana e sempre lo sara'.  Povertà e altruismo non c'entrano niente.

A proposito. Quasi dimenticavo.
Buon Natale a tutti (cristiano o pagano che sia) !

giovedì 23 dicembre 2010

A proposito di emigrazione

La scelta tra restare ed emigrare è sempre personale. Si decide sulla base di propensioni, desideri e situazioni personali. E al dilemma restare/partire non c'è mai una risposta univoca  buona per tutti.
Detto questo, metto fine al disclaimer politically correct che non fa mai male e che evita grane. Pero', pero'.....

C' è qualcosa che non mi torna in molte delle discussioni che riguardano il tema.
Quando infatti si compila la classica tabellina dei pro e dei contro, alcuni punti vengono, a mio modo di vedere impropriamente, inclusi nella colonna dei contro.
L'errore di partenza sta nell'attribuire all'emigrazione cambiamenti percepiti come negativi e che in realta' si produrrebbero comunque. Ed è tra l'altro tutto da dimostrare che si tratti di trasformazioni in negativo in primo luogo.
Non e' un male infatti lasciare la casa del padre. Fa parte anzi di una sana fisiologia esistenziale. Semmai il male sta nel caso opposto; il restarvici troppo a lungo. Che i genitori, nonni e fratelli siano destinati a contare meno nella vita di un individuo e'  un fatto ineluttabile che non dipende dal luogo di residenza. Il rimedio non e' protrarre l'adolescenza all'infinito. Cercare di rivivere all'infinito infanzia ed adolescenza e' un esercizio vuoto che spezza la prospettiva temporale e costringere a vivere in un passato che comunque non ritorna.

Ma anche il distacco dagli amici di un tempo e la necessità di trovarne di nuovi sono cose che con tutta probabilità si produrrebbero comunque. Perche' e' la vita ad essere cosi'. Si cresce, cambiano i gusti, i giudizi, gli interessi, le prospettive. Cambia quello che accumunava e che in seguito non accomuna piu'. E se non emigri tu magari lo fa chi ti sta attorno. Molto spesso anche chi resta si trova a frequentare persone diverse rispetto a quelle che frequentava dieci anni prima.
L'atto di emigrare e' soltanto un fattore scatenate, qualcosa che accellera quanto sarebbe avvenuto comunque. Il cambiamento adesso sembra piu' drammatico, ma solo perche' ne viene meno la gradualità  Ed e' solo per questo che se ne da, impropriamente, la colpa alla decisione di partire. 

A volte poi la scelta di rimanere a casa ha poco a che fare con gli affetti ed e' invece legata alla volontà di continuare ad utilizzare le risorse della famiglia al fine di aumentare il proprio benessere senza doversi prendere la briga di doversela cavare con le proprie forze nel mondo cinico e baro. Ma in questo caso si sta parlando di qualcos'altro che con l'emigrazione c'entra poco.

In piu' c'e' una considerazione da fare che riguarda i meridionali. Restare in Italia spesso non vuol dire affatto restare a casa, se per casa si intende un luogo con indirizzo preciso e coordinate geografiche esatte.
Invece restare in Italia vuole dire troppo spesso doversi sospostarsi in poche determinate città situate in una o due regioni. Magari ci dedichero' un post alle ragioni per cui ritengo preferibile per il terrone scegliere di trasferirsi, laddove si puo', in una capitale europea invece piuttosto che al nord Italia.

E' stata un'attesa eccessivamente spasmodica, che ho notato in giro, per l'arrivo di queste festività natalizie a darmi lo spunto per queste riflessioni.
Ed e' anche per questo che adesso vi devo lasciare. Devo andare a scrivere il clamoroso post prossimo venturo sull'imminente festa del solstizio d'inverno.

domenica 19 dicembre 2010

Noble Belgique merdeau cheri

Claude Semal
Sembra il giorno dell`apocalisse. Piove a dirotto. Mentre aspetto la pioggia diviene grandine fitta e trasversale. E' la sera del cabaret di Claude Semal al Théâtre des Martyrs. Manca un`ora all'appuntamento e ci rifugiamo in un Quick. 
Racconto a [*] di Giovanni Kessler, fresco di nomina a capo dell`ufficio antifrodi dell'unione europea.
Non è un uomo di Berlusconi le spiego, ma viene dal PD, il partito di Bersani. Ma di Bersani non ce la fa a ricordarsi.
-Ma se era l'altra sera in TV, le faccio presente. 
Mi nomina invano mezzo parlamento. Quello con l`orecchino(VENDOLA), quello che sembrava un teletubby ipertrofico (BONDI), quello bello come il principe delle fiabe, ma prima del bacio della principessa quando ancora bazzicava lo stagno (BOCCHINO).
- Bocchino come l`univerisita`?
- Quella è la Bocconi. Non hai le idee chiarissime direi.
- Ma non c`era una donna, Rosa Bindi?
- Rosi Bindi, fantastico! il partito è quello, taglio corto prima che mi elenchi tutti i membri di camera e senato.

Intanto la temperatura si è abbassata di 5 gradi e nevica. La gente della classe di francese arriva a teatro alla spicciolata. Spunta Carlos. Ha l`aria studiatamente compenetrata. Ma non ci sono dubbi su dove voglia a andare a parare. Berlusconi e la compravendita a Montecitorio, evidemment. Credo me la voglia far pagare per quando lo salutavo col 5 dopo Barca-Real.
Di Berlusconi sono sempre gli altri che iniziano a parlarne. Io di sicuro se posso evito l`argomento. Meno se ne parla meno c`è da arrossire.
Arriva l`insegnante all`ultimo istante, tutta trafelata. Ci deve urgentemente dare la traduzione di barbabietola in francese, betterave.
- E` importante! ci fara` su un pezzo!
Adoro questa donna.
Inizia il Cabaret. Claude Semal fa a pezzi il suo paese senza pieta`. Non si salva niente, dalle palle immonde dell'Atomium alle frites, dalla frontiera linguistica al multiculturalismo di Bruxelles.
-Non è il Belgio che si è internazionalizzato, è l`umanita` che si è belgizzata.
Attendiamo il pezzo forte che non arriva. Noble Belgique merdeau cheri.
Claude chiude raccomandando il DVD dello spettacolo.
-Pensate a quanto varra` tra 40 anni un DVD sui 180 anni del Belgio dell`anno che ha preceduto la sua sparizione. Meglio di un fondo pensione!
Infatti lo prendo e mi i firma anche la dedica.
Ci tratteniamo al bar a fare quattro chiacchiere. Adesso è Jose ad imperversare. Ce lo ricordavamo pacato e sulle sue. Ma lo show e una birretta lo hanno trasformato. Si scopre che beve,  fuma e guarda Telecinco tutto il giorno. Dice che a Sofia si mangia bene e c`è molta figa e che da piccolo guardava tutte le partite del Napoli di Maradona e Careca. Di Maradona, Careca e Moggi...per la precisione. Anche lui sa di Berlusconi.
-Que fuerte! si è comprato mezzo parlamento.
Si sganascia dalle risate. La verita` è che in apparenza dileggiano Berlusconi, ma sotto sotto ridono degli italiani che se lo tengono senza battere ciglio.
Sebbene gli spagnoli siano in sovrannumero si decide che non ci sono le condizioni per un butellon improvvisato a place des Martyrs. Arriva l`ora di abbracci e saluti.
-..e all`anno prossimo se non ci si rivede.
E` cosi` che si è chiuso l`anno terzo dell`era belga.

[*] Nome di donna di tre lettere (omesso a richiesta per ragioni di privacy)  che inizia e finisce con A e che costituisce al tempo stesso componente importante di un aereo e del corpo di un volatile.

venerdì 10 dicembre 2010

Quando l'acqua calda va in ebollizione

bunker WikiLeaks

Se Assange e Saviano si fossero limitati a scoprire l'acqua calda, come si è detto, allora non si spiegherebbe il clamore suscitato dalle loro rivelazioni. Ci deve necessariamente essere qualcosa in più.

Prendiamo la politica estera statunitense. Chi si è preso la briga di documentarsi sa bene che difesa della democrazia e dei valori occidentali non sono che una foglia di fico. Gli Usa si comportano da sempre da potenza imperiale il cui unico scopo è quello di difendere gli interessi americani. E quando si parla di interessi americani non si intende affatto quelli dei cittadini di quel paese ma solo ed esclusivamente quelli dei suoi potentati economici.
Basta andarsi a leggere un qualunque testo sulla politica estera USA ( cito The Rogue state o Confessions of an economic hit man) per sapere che i Talebani sono stati una loro creatura, che Saddam Hussein era il loro uomo finché non ha sgarrato, che la rivoluzione Iraniana è stata la conseguenza di un colpo di stato messo in piedi dalla CIA ai danni di un governo riformista dell'epoca. E' cosa nota che gli apparati di intelligence americani fanno spionaggio industriale a favore delle proprie multinazionali.
In questi giorni va in scena la crisi Irlandese e quello che stiamo vedendo è null'altro che l'ennesima replica dello stesso film andato immancabilmente in onda dopo ogni crisi finanziaria. Del ruolo dell'FMI ne parlò Stiglitz, premio nobel dell'economia, in un saggio di qualche hanno fa. Si tratta di una istituzione pubblica, sovranazionale, finanziata dalle tasse dei cittadini occidentali ma che nei fatti non è altro che il braccio operativo del tesoro statunitense e del Washington Consensus a loro volta al servizio esclusivo del potere finanziario globale.
Chi diceva queste cose prima di WikiLeaks veniva tacciato di pregiudizio ideologico e di antiamericanismo viscerale. Adesso sono di pubblico dominio.

Stesso discorso per Saviano. La ndrangheta in Lombardia, i rifiuti del nord in Campania. Non sono novità dell'ultima ora. Saviano si è limitato ad impacchettare in un format televisivamente spendibile quanto già abbondantemente messo in luce da numerose inchieste della magistratura.
In Italia magistratura e forze dell'ordine gettano luce quasi quotidianamente su cose terrificanti di cui però poi non parla quasi nessuno (La mafia che fa paura alla grande Milano). La mela marcia è l'informazione che non fa il suo mestiere. Ecco perché poi arriva Saviano con una trasmissione di successo e tutti cascano dalle nuvole come se chissà in quale paese avessero vissuto.

Nessuno si è accorto che la criminalità organizzata in Italia fa il bello e cattivo tempo. Nessuno si chiede come mai la mafia per tutto il 1993 disseminò bombe in tutta Italia per smetterla inspiegabilmente proprio in coincidenza con la discesa in campo e la creazione di Forza Italia. Deve essere ancora una coincidenza il fatto che per quindici anni la politica sulla giustizia della destra, e sotto sotto anche del centro sinistra, sia stata spaventosamente somigliante a quanto richiesto da Riina nel papello. Tutte sfortunate coincidenze.
Nessuno poi si domanda come mai ancora nel 1998 Bossi definiva Berlusconi 'il mafioso di Arcore' per poi allearvici sei mesi. Sarà stata una coincidenza anche quella.    

La novità dunque non è tanto in quello che Assange e Saviano hanno rivelato, ma piuttosto nell'averlo fatto al cospetto di platee che ne erano fino a quel momento all'oscuro.

martedì 30 novembre 2010

Un paese anarcoide


C'è un paese che è stato dominato per secoli dagli spagnoli, dove la partitocrazia è tentacolare, dove l'economia nera è il 20% del totale, dove il lavoro nero è accettato da un terzo della popolazione, dove secoli di dominazione straniera hanno creato diffidenza anarcoide verso regole e autorità e dove spesso per ottenere qualcosa bisogna conoscere il percorso giusto.
Non si tratta dell'Italia, almeno non questa volta, ma del Belgio come lo descrive un articolo dell'ultimo numero di Le Vif. Nell'articolo si elencano le 10 cose che ancora raccomunano, nonostante tutto, le due comunità nazionali. Ne faccio un rapido riassunto: 

1. Bruxelles.
Unico pezzo del Belgio bilingue. Le due etnie linguistiche sono mischiate e non ci sono quartieri francofoni e quartieri nerlandofoni. I suoi abitanti si sentono molto poco appartenenti a l'una o l'altra delle comunità del Belgio.

2. Una storia comune. 
Fiamminghi, valloni e brussellesi fanno parte dello stesso insieme politico da moltissimo tempo. Il Belgio coincide, Lussemburgo escluso, con la parte meridionale e cattolica degli antichi Paesi Bassi finita sotto la dominazione spagnola dopo la secessione protestante del nord (attuale Olanda) nel 1581.

3. Il mare del nord e le Ardenne.

4. La monarchia.

5. Merckx, Brel, Damien.

6. Una pletora di birre.

7. Un mattone sul ventre.
Che non è dovuto alle suddette birre e frites come sarebbe più che legittimo pensare. Si riferisce invece alla propensione di ogni belga a costruirsi la propria casa. Non necessariamente bella, ma spaziosa, profonda e massiccia.

8. Sicurezza sociale e debito.

..poi gli ultimi due punti. Decisamente i più interessanti

9. Partitocrazia.
Il Belgio detiene, con l'Italia, il più alto livello di partocrazia in Europa, dice l'articolo. La manomorta dei partiti sull'apparato statale resta un elemento di vera rassomiglianza tra le tre regioni.  Il PS è iperpresente in Vallonia. Nelle Fiandre le critiche verso la partitocrazia negli anni 90 hanno spinto i partiti a distanziarsi dalla società civile, nelle città. Nelle campagne, la CD & V (democrazia cristiana) rimane tentacolare.

10. Diffidenza verso l'autorità.
La società belga è attraversata da sottocorrenti anarchiche, vedi incivili. 
"Quando un olandese si trasferisce in Belgio il più grosso choc culturale che subisce è scoprire l'importanza delle filiere ufficiose. Per ottenere qualcosa bisogna conoscere il cammino".
"Avendo vissuto sotto dei sovrani venuti d'altrove, vediamo il potere come un corpo estraneo di cui diffidare piuttosto che come un organo della nazione".

Adesso si che finalmente mi inizio a sentire un po' più come a casa...

sabato 27 novembre 2010

Era ora!


Marchionne chiede lavoro flessibile. Bonanni risponde, e noi glielo daremo! (ieri, SkyTg24).
Qualcuno con le idee chiare era quello di cui c'era veramente bisogno.

Adesso sarà finalmente possibile:
-Decidere di andare a lavorare quando piove e non andarci col sole.
-Chiamare in ufficio di sabato e dire
'Oggi vengo perché ho il mutuo da pagare, quanto a domani mi riservo di farvi sapere'.
Oppure ...
'E' vero che sono le due di notte ma dato che non riesco a dormire tanto vale che venga proprio a lavorare. Mi guadagno un po' di straordinario notturno e non c'è manco traffico'.

-Si potrà restringere le vacanze quando si ha il conto in rosso ed espanderle nel caso opposto. Tipo: 'Ho appena ricevuto un lascito. Domani parto in viaggio per qualche mese nell'oceano indiano, in catamarano. Sarà mia premura informarvi della data del mio ritorno'.

E' quello che intendono, no?

domenica 21 novembre 2010

Le Christ

Pastrana, Spagna centrale
Nuovo corso quanto si vuole, ma l'exposée di 15 minuti su qualcosa di tipico del tuo paese (un romanzo, un film, un autore..) non te la toglie nessuno.
L'altro giorno è toccato a me. E l'argomento, vista la mia provenienza, non poteva essere che Carlo Levi e il suo romanzo (Le Christ s'est arreté à Eboli) conosciutissimo, tra l'altro, anche in Belgio.
Sono subito partito a razzo con un pomposissimo discorso sullo scrittore, sul romanzo, sul Cristo che simboleggia in questo caso la civilizzazione, sul fatto che tutti, e dico tutti, sono convinti che Eboli sia il luogo del romanzo, ambientato in realtà ad Aliano in Lucania. Gli racconto della questione meridionale, eternamente irrisolta. Gli parlo di un video del 1978 dove Francesco Rosi parla del suo nuovo Film a Cannes.
-Sono passati 50 è non è cambiato molto. I giovani devono ancora emigrare per lavorare, diceva il regista.
Io rilancio e di anni gliene aggiungo altri trenta. A beneficio di quelli che dicono che bisogna restare e lottare. Come no. Quelli che lo hanno fatto in passato sono già morti, figli e nipoti pure, e i loro pro-nipoti sono più di là che di qua.

Se Carlo Levi tornasse oggi non troverebbe la miseria di allora, continuo. Quello che invece è rimasto intatto al sud è il senso di isolamento. Ritroverebbe invece un sud popolato non da cittadini ma da sudditi che non hanno mai contato nulla. Un territorio al di fuori non solo dell'economia ma anche della storia e della politica. Il meglio e il peggio di quanto accaduto, il risorgimento, il fascismo, l'antifascismo, le lotte operaie, il terrorismo, le battaglie per i diritti civili, il craxismo, adesso leghismo e berlusconismo sono tutte cose avvenute a nord e vissute passivamente a sud.

Gli mostro poi una tabella che mostra le spaventose disparità a livello di PIL tra le regioni. A quel punto Fabienne, l'insegnate, che pensa alla crisi politica suo paese mi domanda:
-Ma nessuno da voi mette in discussione la solidarietà fiscale?
Ma va! Che ti viene in mente? Non ci ha veramente mai pensato nessuno.

Parlo allora della lega. Un partito xenofobo di estrema destra, dalla retorica separatista e razzista. Indossano camice verdi (ma allora sono fascisti!? qualcuno strabuzza), propongono l'affondamento delle barche degli immigrati. Racconto dell'episodio della scuola di Adro dove il simbolo di un partito, come nella Germania nazista, ha campeggiato dovunque, su banchi, vetri, insegne, in una scuola pubblica per un mese senza che nessuno battesse ciglio.
Quando poi faccio notare che fanno anche parte integrante della coalizione di governo l'incredulità diviene generale.
-No, allora voi state messi decisamente peggio, conclude Fabienne.
Sono contento di averla rincuorata.

All'uscita mi ferma Carmen. Mi chiede se sono veramente di Eboli. Con lo stesso tono come se stessimo parlando di San Francisco.
-Sai perchè te lo chiedo? Io sono di Pastrana!
-Sei di PAS-TRA-NA??!!
Pastrana è un paese di 6000 abitanti nel centro della Spagna con cui siamo gemellati da sempre. Ci lega la storia di una principessa spagnola del seicento.
-Ci sono venuta tre volte ad Eboli per il coro. Bel posto!
De gustibus.
-E comunque mi hai dato l'idea per la mia exposée, conclude. Parlerò de La princesa de Eboli!

venerdì 19 novembre 2010

Il Davide peloso e i due caimani


Hoy, 1994 - 2008
La rete ha due nuovi eroi. Entrambi piccoli e pelosi. I Tom & Jerry dell'era digitale. Si tratta dei protagonisti di due video che hanno recentemente spopolato su youtube.
Il primo è un criceto, ninja dicono, che da filo da torcere a due giovani russi. Due giganti cioè 100 volte più grandi di lui. Guardate qua.



Nel secondo video si vede un gatto. Ne avevo uno identico. Non sto dicendo che gli somiglia. Sto dicendo che è proprio lui reincarnato. Si trova di fronte un alligatore. Lo attacca e lo costringe a rientrare in acqua. Adesso di alligatori ne escono due. Non si sa mai contro questo spaventoso felino. Ma la musica non cambia, botte da orbi ed i due rettile che rientrano definitivamente in acqua per non farsi più vedere. Non è giornata, avranno pensato.



Ma allora perchè il PD ha paura di Berlusconi?

Un post directory

Bruxelles - centro storico

Da tempo avevo in mente di scrivere un post riepilogo di quanto fin'ora ho pubblicato sul blog. Il fine è quello di permettere a chi capiti da queste parti di trovare più rapidamente quanto cercato. Ho raggruppato i post ed ho individuato 7 categorie principali. Bruxelles, Belgio, Italiani in Belgio, Gli expats, Francese, Escursioni e Altri paesi, Fatti italiani.
Andiamo con ordine.

Bruxelles. Un primo gruppo di post, il più nutrito, riguarda come è ovvio Bruxelles. Una città di taglia media né troppo grande né troppo piccola che ospita sul suo territorio 2 comunità linguistiche e dove si parlano 150 lingue. Il luogo comune, Due anni a Bruxelles, Nous, on est brol,  15 mesi in sei foto sono i post che raccontano della città e della sua atmosfera internazionale. Si parla poi della sua vasta Offerta culturale, del suo metro (Gran metro brussels).
Il multiculturalismo non è poi sempre rose e fiori.  Spesso genera criminalità(cosa succede in città?), hooliganismo(Un episodio increscioso) e razzismo strisciante (Il razzismo degli ultimi arrivati). Basti pensare che il  il 25% dei residenti è di religione musulmana (vedi Eurabia 1 e 2). Di tutto questo si occupa, Les Barons, un film che racconta l'altra Bruxelles con il sorriso sulle labbra.

Belgio. E' la sezione in cui si parla del Belgio.  Un paese anarcoide, Costo della vita Fisco, mercato del lavoro (Il sole del nord, Il segreto belga della felicità), della crisi politica (La non nazione, aggiornamenti) . Il modo decisamente diverso in cui concepiscono la socializzazione e  rapporti umani (il vetro invisibile). I trasporti che sono buoni ma non sempre perfetti (la tragedia di Hal, tonalità d'autunno). Come vedono l'Italia e gli Italiani viene raccontato in un post su una trasmissione radiofonica a noi dedicata (vedi anche Vieni a ballare in "Pulia").
Discorso a parte merita il clima. Soprattutto la non-estate belga è un tema ricorrente in molti post (il bello delle non estate, ritorno alla non-estate).

Italiani in Belgio. La più grande comunità straniera in Belgio resta quella italiana.Ne La piccola Italia si spiega perché per certi versi a Bruxelles è possibile vivere come in Italia. C'è chi si trova bene (i PIGS e la sindrome), chi si trova male ( Cervello in fuga), chi sa come agire (le resto italien) e chi no. C'è chi continua qui le proprie battaglie politiche (il no Berlusconi day, Bruxelles).Gli italiani in Belgio restano perennemente in bilico tra nostalgia (l'ex nostalgico), dubbi e difficoltà d'integrazione (perché non è mai facile integrarsi in un altro posto).

Gli expats. L'Europa attira a Bruxelles anche un'altro tipo di immigrazione. Quella degli eurocrati e del lavoro qualificato. E' l'immigrazione generalmente giovane ed istruita. Sono gli expats e fanno vita a se stante, costruiscono e distruggono relazioni alla velocità della luce (il magico mondo degli expats). Parlano una lingua tutta loro, l'euroenglish, spesso non apprendono le lingue nazionali e legano poco con tutti gli altri (il rientro degli expats, trilinguismo alla brussellese)

Francese. Ovvero cronache dall'EPFC. Si tratta della popolare scuola di lingue dell'ULB. Per la sua quasi gratuità e l'atmosfera da liceo di paese è divenuta una di punto di riferimento per moltissimi giovani espatriati.(la cena dei PIGS, tonalità d'autunno, il nuovo corso, Le Christ). Non manca qualche consiglio per affrontare il francese (considerazioni sul francese).

Escursioni e Altri paesi. Il Belgio non sarà il migliore paese del mondo ma ha un grande vantaggio. In meno di due ore se ne è fuori, qualunque sia la rotta intrapresa: A volte bastano meno di 15 minuti. Allora tanto vale sfruttare la centralità geografica di Bruxelles per fare escursioni. In poco tempo si arriva in un'infinità di posti (Londra, Amsterdam, Anversa, Lille, Tournai, Leuven).

Fatti italiani. E per finire tutta una lunga serie di post su cose italiane. Politica, società, media e cavolate varie. Forse non avrebbero dovuto stare qua ma non mi è riuscito di non parlarne.

lunedì 8 novembre 2010

Il segreto belga della felicità




L'altro giorno mi è capitato sotto gli occhi un annuncio per l'assunzione di informatici del Delhaize, la catena di supermercati dove di solito faccio la spesa. Si richiede: 
...una conoscenza generale dei linguaggi di programmazione......(Cobol, .NET; MS SQL Server, databases, etc.).

Una conoscenza generale, dunque. Niente di più. Già me lo prefiguro il colloquio.
-Conosce Java? no, Java no. 
-.Net? nemmeno. 
-Basi dati? macché, si figuri. 
-Allora scelga lei, un argomento a piacere...
-Oggi vorrei parlarle del Cobol.
-Fantastico! Assunto!

Tutto molto bello finché non si passa alle competenze linguistiche. Perché è  lì che ci casca sistematicamente l'asino francofono. 
Voi siete trilingue, francese, olandese e inglese, recita sempre l'annuncio.  
Del resto è sempre così. Se viene domandato l'olandese le conoscenze richieste spesso sono all'acqua di rose. Se invece l'annuncio è in inglese o in francese fai prima a farti dare il nobel dell'informatica.

Lavorare al Delhaize sarebbe stato comunque bello, non fosse che per correggere la routine che decide i controlli casuali degli scanner (Sono degli aggeggi WiFi. Scannerizzi tu stesso il codice a barre del prodotto e paghi il conto a delle casse speciali. Qualche cliente di tanto in tanto viene controllato a campione).
-Grande cosa gli scanner, dicevo alla commessa qualche giorno fa mentre mi riconteggiava la spesa, ma se mi controllate ogni volta tanto vale che vada alla cassa normale.
-Guardi, le faccio pure risparmiare 5€. Aveva messo qualcosa di troppo. Mi risponde lei con l'espressione tipica di una convinta di avere dinanzi un gonzo.

Comunque, se conoscere l'olandese è il segreto belga della felicità, cosa di meglio si può pensare di fare in una mortifera domenica di metà novembre se non scellofanare il magnifico cofanetto Le néerlandais pour les nuls, con CD e libretto incluso?
Quando si studia una nuova lingua fondamentale è apprendere l'essenziale per sopravvivere.
Io ad esempio già so dire zonder uien, senza cipolle.

sabato 6 novembre 2010

Tonalità d'autunno, la vendetta




L'autunno si sa è la stagione delle tonalità cangianti. I bloggers diventano lirici e pubblicano foto (vedi me l'anno scorso). Gli alberi iniziano a scolorirsi dipingendo il paesaggio di contrasti cromatici incantevoli. Le foglie si staccano e volteggiano a lungo, leggiadre, prima di depositarsi dove capita.
Si insinuano in ogni dove, marciapiedi, strade, parchi, prati, cespugli, auto, binari delle ferrovie. Se poi qualche treno deraglia a causa della viscida poltiglia che si è creata fa parte delle cose.
Che poi ciò provochi il blocco del  traffico ferroviario nazionale per due giorni puó succedere. Lamentarsene significa veramente essere privi di slancio poetico. Bisogna essere aridi dentro come un cratere di un vulcano.

E' da paese del terzo mondo, sbraitava un giovane ieri al TG, uno le foglie morte a novembre se le può pure aspettare. Basta con la facile demagogia dell'antipolitica, rispondo. Diamogli una vacanza premio di un mese sul Potenza-Napoli.
SNBC dice che è colpa di Intrabel. Infrabel dice che è colpa di SNBC. Allora è entrata in azione una commissione per scoprire la verità. Non sarà facile. Si fa presto a dire foglie morte. Ma qui è un ecatombe. Non è normale. Per me è un complotto.

venerdì 29 ottobre 2010

La Bruxelles dei Baroni








 
Se c'è un film che racconta la Bruxelles di oggi come The Commitments (vedi puntata 2 bloomcast) ha fatto con  la Dublino degli anni 80, questo è sicuramente Les Barons. Si tratta di una commedia, del 2009, diretta da un regista di origine maghrebina.

In effetti la mia impressione anzi è che Nabil Ben Yadir possa aver preso proprio il cult film dublinese come punto di riferimento. C'è la tecnica dell'autonarrazione. Anche Les Barons è ambientato in quel pezzo di città che non può essere considerata nobile, quella degli immigrati di seconda e terza generazione. La lingua è dura ai limiti dell'incomprensibilità, non manca lo slang delle periferie e non manca nemmeno la scena nell'ufficio di disoccupazione. I baroni del film non hanno però nulla di aristocratico.

"..Per comprendere un barone, un vero barone, bisogna comprendere la sua filosofia.
Per i baroni ogni uomo è inviato sulla terra con un numero preciso di passi, differente per ciascuno. Dopo che hai passato questo numero tu muori. Quelli che nessuno sa è che ogni persona ha il suo contatore e che ogni passo conta. Noi baroni lo sappiamo dall'inizio..."

La pellicola ritrae quella generazione, nata in Belgio, di figli dell'immigrazione nordafricana. Nabil Ben Yadir che in quel quartiere ci è nato e vissuto sa di poter rischiare. Ne viene fuori un affresco di un mondo sempre più lacerato al suo interno tra  integrazione ed identità, tradizione ed emancipazione, fanatismo e apertura. L'ironia ed il passo veloce della commedia non lasciano fuori niente. Anche la scena del pestaggio in metro è tragicamente vera. E cosi Bruxelles viene fuori cosi com'è, nature, senza maquilage.

Sembra quasi che Nabil Ben Yadir ci metta molta della sua storia nel suo protagonista. Assan  non sa bene  cosa scegliere tra un esistenza facile dove lo attendono lo stesso lavoro del padre e una ragazza vecchia maniera e le sue grandi passioni; il cabaret e la bella ed emancipata Malica, sua vecchia fiamma, ora conduttrice di tg. 

"Ve lo spiego io cos'è un barone. Sa che quando ha finito il numero di passi è morto. E allora il barone non fa niente nella vita, non si muove. Dunque un buon barone è un buon disoccupato.  Divertente, no? "

Il regista non nasconde nulla del mondo dal quale proviene. Ed è per questo che il film ha avuto tanto successo. Ha permesso ad una generazione di ridere di se stessa, dei suoi vizi, delle sue pare, dei suoi pregiudizi. Ma ha Consentito al tempo stesso all'altra Bruxelles di saperne di più su una delle sue identità. Quella in cui ci si imbatte tutti i giorni ma che in realtà  conosce poco.

"Il belga non darebbe mai la sua vita per la patria, per contro sarebbe pronto a morire per la precedenza a destra"

giovedì 21 ottobre 2010

Quello che non ci è stato detto sulle pensioni francesi

Me lo hanno spedito. Traduco e volentieri pubblico. Tanto vale per tutti i paesi.

 La vita media è aumentata, innalzando la percentuale di pensionati dal 20% del 1960 al 50% del 2050. Ma il numero di persone che contribuiscono alla sistema previdenziale è cresciuto costantemente fino al 2010. La produttività mediana è aumentata di uno sbalorditivo 500% dal 1960 al 2010. Se questa produttività è intercettata un lavoratore nel 2010 puó pagare la pensione di un pensionato con la stessa facilità con cui avrebbe potuto pagare il 20% della pensione di qualcun altro nel 1960. 
Un altro problema è che, anche attenendoci alle cifre ufficiali, il 23% dei giovani non ha lavoro e non puó contribuire alla pensione di nessuno.

Lo scenario peggiore del Orientation Council on Pensions prevede un deficit di 120 miliardi di euro nel 2010; sarebbe il  3% del PIL francese. C'è un fatto che gli allarmisti ben pagati vogliono trascurare; La Francia è un paese molto ricco. Il PIL ha raddoppiato negli ultimi vent'anni e ci si aspetta raddoppi ancora una volta per il 2050. Negli ultimi trent'anni il 10% del PIL è stato trasferito dai percettori di salario a quelli di profitto. Fa otto volte il deficit corrente del sistema pensionistico. Quando il deficit delle pensioni è causato dal trasferimento di ricchezza ai già ricchi non c'è alcuna levata di scudi nei media commerciali. Per definizione quelli che controllano i media sono già fin troppo ricchi per fregarsene delle pensioni.


Le cosidette riforme de 1993, 2003 e 2007 hanno già spinto in giù le pensioni tra il 15% e 20%. Questo ha spinto milioni di anziani sotto la soglia di povertà. Metà dei nuovi pensionati riceve meno di 1000 euro al mese. Il gruppo più colpito sono le donne che hanno fatto sacrifici allo scopo di allevare bambini, a costo di interrompere le proprie carriere.

Il rischio più grande è che il sistema contributivo venga rimpiazzato da uno basato sulla capitalizzazione. Nel 2008 abbiamo visto cosa ció comporta. Presto ci sarà un'altra misteriosa, imprevedibile
crisi e i politici consegneranno quel denaro per le pensioni ai miliardari e alle loro mega-compagnie lasciando milioni di persone troppo vecchie per lavorare e troppo giovani per morire.

In presenza di volontà politica, ci sono molte alternative. I deficit sparirebbero se sgravi fiscali e sussidi per i più ricchi fossero eliminati. Basti considerare questa cifra; i dividendi ammontano al 10% del PIL francese.

Come spesso capita, non ci sono "forze oggettive" che rendono i tagli alle pensioni una "sfortunata necessità"; c'è solo l'avidità dei ricchi e le loro bugie.
Resa incondizionata o resistenza; la scelta sta a noi, in Francia e dovunque.

Per saperne di più su sulla battaglia in corso segui i seguenti link:
1, 2, 3, 4. e su quanto i media riportano: a, b, c, d, e .

mercoledì 20 ottobre 2010

Vivere sulla nuvola









La rete e le nuove tecnologie hanno migliorato la vita di molti. Ad alcuni invece l'hanno completamente trasformata. Parlo dei  tecno-savvy. Una generazione di minimalisti digitali che puó accedere alla propria musica, foto, film e libri da ogni computer al mondo. Per costoro le collezioni di libri, CD e DVD ma anche della TV stessa diventano assolutamente superflui.
Leggevo a riguardo un articolo su uno dei giornali che danno gratuitamente in giro dove si raccontava qualcuna delle loro storie.
Non ho collezioni di CD e DVD e sto buttando via tutti i miei libri dato che ora posso leggerli sul mio iPad, dice una.  
I libri e gli oggetti sono ingombro e adesso mi sento libera di alzarmi e partire per qualunque destinazione nel mondo. Riempio lo zaino con qualche vestito e la mia borsa con dentro il mio computer.

Che succede allora se viene rubato o si rompe?  
Niente, tutti i miei dati sono online, mi ricollego da un altro computer e ritrovo tutto lí.
E' la tecnologia Cloud che libera la gente dalla dipendenza dall'Hard Disk del proprio computer. Facebook o Flickr per le foto, google per i documenti, iPad o Amazon's kindle per i libri, hotmail, gmail o yahoo per la mail, lo streaming per la TV.

Uno scrittore londinese ha venduto il suo appartamento e ora vive in giro per hotel. Attualmente lavora a San Francisco e giudica la sua esperienza estremamente liberatoria, a suo dire, anche dal punto di vista finanziario:
Se tieni conto di mutuo, tasse comunali, bollette ed altre spese varie alla fine si scopre che ce lo si può permettere. Usando siti online ottengo ottimi prezzi e il che significa abitare in boutique hotel (piccoli hotel di lusso) per meno del mio mutuo mensile. E' incredibilmente facile vivere la iLife. Lo consiglio a tutti.

Magari si tratta della solita trovata mediatica. Oltre alla tecnologia per poter vivere così bisognerebbe essere location indipendent, disaccoppiando reddito e presenza fisica in un determinato luogo. Puó suonare utopistico ma solo in google reader ho un paio di link a blog i cui autori ci sono riusciti.

giovedì 7 ottobre 2010

Nous, on est brol


Voilà, un bel post copia-copiazza. Del resto il nuovo corso (di francese)  è un po' come il porco, non si butta nulla.....

Jaco Van Dormael, cinéaste belge
"Nous, on est brol"


Se il bello del Belgio è di non avere un'identità, io sono belga. Non ho un'idea definita di me stesso. Sono certo di essere il padre di due bambini, e di avere 40...no 41 anni. So...che sono cresciuto in Germania, che ho abitato un po' in Francia, che sono venuto in Belgio all'età di 8 anni. Mio padre è fiammingo, mia madre francofona. (...)

Noi, siamo un bordello. Abbiamo una civilizzazione bric-à-brac. Una delle ragioni per le quali venni qui, quando avrei potuto fare il mio lavoro molto più facilmente altrove, é che amo questa specie di caos che è il Belgio, e Bruxelles, in particolare. Trovo questa libertà ben più grande che nelle culture strutturate, dove ci sono delle scuole, il buon gusto ed il cattivo gusto. Qui ho l'impressione che non ci siano scuole, che tutti facciano quello che vogliono, si mette insieme, e tutto ciò non somiglia a nulla. Ció da una grande libertà: la si può pensare come si vuole. Il Belgio insegna a chi ci abita, che tutto si può combinare con tutto. Da cui questa cucina di rottura, che gioca sulla giustapposizione di contrasti, di cose che non funzionano bene insieme a priori.

Basta guardare Bruxelles: quel che capita con quel che capita. E a me piace passeggiare tra quel che capita.
Quando sono a Parigi sono soffocato dalle strutture, è come se si fosse fatta man bassa del paesaggio.

Non ricordo chi lo abbia detto, ma mi sembra ben definire il Belgio: "E' un paese dove bisogna essere folli per non divenire pazzi". Questa follia è una forma di festa. L'immaginazione diviene assolutamente indispensabile per sopravvivere. Se abitassi a Roma, per esempio, non lavorerei. Poiché laggiù mi accontenterei di rappresentare una realtà che già esiste, il che non è così necessario dato che è già là.
Qui in Belgio, la bellezza è invisibile, e bisogna scoprirla, cercarla nella bruttezza. In più, tutto avviene dietro una porta, in una stanza interna, nulla è evidente.

[Jaco Van Dormael]

sabato 2 ottobre 2010

Aspirina per tutti




Questa settimana il traffico aereo in Belgio è stato paralizzato da uno sciopero improvviso dei controllori di volo. Basta, scrive qualcuno in un forum, facciamola finita e privatizziamo tutto. Alla stregua di quel dottore che cura tutte le malattie con l'aspirina.

Mi viene in mente a riguardo una notizia recente. Si riferisce ad alcuni promettenti sviluppi nella lotta ai tumori.
Un gruppo di studiosi, si legge, avrebbe creato una molecola che disorienterebbe il cancro facendolo regredire. Anche i costi delle terapie sarebbero drasticamente abbattuti rispetto ai trattamenti esistenti. Ma le case farmaceutiche sono fredde a riguardo. In breve la ricerca è spacciata.
Ora ce la si può prendere contro il cinismo e l'avidità delle case farmaceutiche. Ma è puerile. Esse sono, come tutte le altre, imprese a fini di lucro. E' scritto a chiare lettere nelle legislazioni commerciali, senza equivoci o fraintendimenti. Esistono per produrre profitti, punto e basta. Non per curare il cancro. E' un po' come indignarsi se un tostapane non fa il caffè. Non è stato progettato per quello.

Un amministratore che perseguisse scopi più umanitari rispetto a quelli fissatigli a chiare lettere dalla legge potrebbe essere citato in giudizio dagli azionisti. E' successo.
Del resto una qualunque organizzazione umana è cosa ben diversa dalla sommatoria degli individui che la compongono. Sviluppa una 'personalità' sua. Le decisioni sono distribuite, nello spazio e nel tempo, raramente sono attribuibili ad una singola persona. Ecco perché il diritto penale, applicabile all'individuo, non funziona. Le sanzione possono essere solo a carattere economico. Multe, risarcimenti, revoche di licenze etc.
Per cui ripettare o meno leggi o regolamenti diviene per una società una scelta gestionale come tutte le altre. Come nel famoso caso di GM negli USA dove si decise di lasciare sul mercato una vettura con un difetto di progettazione. Sebbene questo causasse incidenti mortali il costo dei risarcimenti risultava comunque inferiore a quelli di riprogettazione e si decise di non fare nulla.

Il problema non è il fatto che le imprese puntino a massimizzare i profitti. Esistono per quello. Il problema sta nel voler fare il caffè col tostapane, nel voler curare tutto con l'aspirina. E' il dogma liberale che vede nel privato la soluzione di tutti mali. Se per una impresa il profitto viene prima, per la società in quanto tale dovrebbe invece essere più importante, per dirne una, debellare il cancro.

Con i controllori di volo belgi, comunque, sono incazzato nero. Dovevo rientrare in Italia per un matrimonio di una cugina. Quelli dove ti fanno le domande più strane. Come mai alla tua veneranda età non sei ancora sposato? E come mai non hai ancora figli?  Come mai non ci si fa tutti una bella paccata di....etc, etc, etc?
No. Quando si sciopera si sciopera. Non si cambia idea all'ultimo minuto per futili motivi!

venerdì 24 settembre 2010

Nuovo corso









Il nuovo corso.

Nel nuovo corso non c'è bisogno di autointroduzioni di fronte a 25 emeriti sconosciuti, con lingua secca e mani sudate.

Nel nuovo corso non ti viene chiesta la provenienza geografica. Serviva per evitare di doversi costruire opinioni da zero, senza appigli e senza stereotipi pronti per l'uso.

Nel nuovo corso non ti viene chiesto che lavoro fai. Era utile per farsi un'idea su reddito e collocazione sociale di chi si è appena conosciuto.

Nel nuovo corso si leggeranno romanzi underground, globalia, e si vedranno cabaret satirici. Se ne saprà di più su quanto 'se la petent' i francesi e su quanto piamente cattolici siano i fiamminghi.
Nel nuovo corso si viene a conoscenza del meteo 'politico' dei media belgi il giovedì dove si glissa sul cattivo tempo del week-end prossimo venturo con omertosa reticenza.

evviva il nuovo corso!

venerdì 17 settembre 2010

Contrordine, comprare un toshiba ora si puó



Dunque dove eravamo rimasti...

In un vecchio post vi raccontavo le disavventure col mio laptop Toshiba (1020 Bruxelle, France e i portatili TOSHIBA) entrato inopinatamente in sciopero. Si narrava di una mirabolante telefonata al call center con una centralinista simpatica come un allenatore dell'Inter, dell'annessione di Bruxelles alla Francia, delle avventure on-the-road del PC, della sostituzione di un Hard disk che funzionava perfettamente ed infine della sua restituzione senza sistema operativo, con schermo nero e riga di comando. In breve inutilizzabile.

Poi c'è il seguito della storia. Faccio come consiglia TopGun. Grazie Top!
Installo Vista con un CD generico e l'autentico legalmente con il codice sotto la scocca del portatile. Per un po' tutto funziona eccetto il microfono, finché l'Hard disk si rompe di nuovo e questa volta per davvero. A causa delle precedenti manipolazioni, mi viene da pensare.

Questa volta però con l'assistenza fila tutto liscio come l'olio. Risponde un uomo, paziente e poliglotta. Formula poche domande di rito, scrive correttamente l'indirizzo e mette il PC in riparazione. Dopo 10 giorni ritorna perfettamente funzionante e con Vista installato. In francese, ma poco male.

Ora, dubito che questo lieto fine dalle tinte vagamente hollywoodiane stia a significare che il 'bene' alla fine prevale sempre sul 'male'. Ma speriamo di no.
Ed è improbabile che Toshiba abbia riformato la sua assistenza vendita per un paio di post petulanti. Se però sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso o che ha semplicemente contribuito a riempirlo allora ne è valsa comunque la pena.

giovedì 9 settembre 2010

Figlio di un cane

viale jenner Milano



Caro [nome maschile di ex coinquilino] di viale Jenner (Milano),

Mi sembrava proprio che fossi tu. Il solito perticone. Più secco e allampanato che mai, a zigzagare dalle parti di Ambiorix, quasi stranito e senza meta, tra pietre e calcinacci, là dove stanno rifacendo i marciapiedi.
-Cazzo quello forse lo conosco. Seguiamolo!
-Siamo usciti per prendere un pezzo di torta, non per fare lo stalking ai passanti! Mi ha risposto chi era con me.

Se ti scrivo da qui è perché all'epoca gettai via il tuo numero e la tua email nel primo cestino virtuale che mi capitò a tiro. Cerca di capirmi.
Non è facile dimenticare la tua richiesta di sloggiare da a tre giorni perché tu avevi trovato casa e il contratto era a nome tuo. Certo più che un appartamento era ormai un centro di prima accoglienza di pugliesi rompipalle in Lombardia. Ma dove speravi che andassimo in tre giorni?
E ricordi di quando dicevi di votare Berlusconi, ma solo per combattere il lavoro precario, bontà tua? Dai, sono passati quasi nove anni. Adesso me lo puoi dire dove ti rifornivi.
Eppure, caro il mio ex amico, riuscivi ad alternare deliri politici e impuntature infantili a momenti di lucidità ai limiti della genialità. Come quando dopo una sola settimana di mirabolanti peripezie milanesi ti fermasti di botto, per strada, e proclamasti:
-Guardate questa è Milano! di gran lunga il meglio del meglio che esista in Italia! E questo ve la dice lunga su come è ridotta l'Italia.
o come quando mi dicesti:
-Non perdere tempo a cercare milanesi, settentrionali, che non serbino in fondo al cuore un pregiudizio antimeridionale. Non ne troverai.
-Dai, come? Nemmeno uno? Come è possibile? ti risposi.
Ho provato in tutti modi per anni a smentire il tuo teorema. Non ci sono riuscito. Sottoponevo le persone ad un test silente. Mica chi puzzava di leghismo un miglio, mica i colleghi in azienda. Figurati. Solo coloro che sembravano avre buone chances di  smentirti. Coloro che ammiravo, gli amici. Li osservavo, come l'etologo fa con le sue bestie. Senza indurre e senza interferire. Ascoltavo. E prima o poi zac...la pantegana antimedionale veniva fuori, implacabile.
-Dannazione, il maledetto ha avuto ragione anche stavolta! pensavo senza dirlo.

Forse a conti fatti dentro quel guscio di cioccolata rattrappita e scura che cioccolata non era, contenevi un cuore di panna. E dico forse, mica è certo.

In breve, se eri veramente tu batti un colpo. Se no salutami la Madunnina.

giovedì 26 agosto 2010

Swinging London



Il centro di Londra spunta all'improvviso, innannunciato, nel buio all'uscita di un tunnel. Per semplificarci la vita avevamo prenotato l'albergo dalle parti della stazione a St.Pancras. 80 sterline a notte. La camera è angusta e polverosa con scale sgangherate e solai ondulati ricoperti dalle più lerce delle moquet, il frastuono che sale da Euston road è assordante. L'angusta stanza ristorante gronda di turisti italiani dediti alla ridicolizzazione della colazione, eggs & bacon, degli inglesi. A me invece piace un sacco. Forse al mio fegato meno.

Londra è una città soverchiante. Soverchiante è la presenza umana, le sue dimensioni, la quantità di cose da visitare e da fare, l'oceano di bar ristoranti musei, cinema, teatri, il movimento frenetico 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Incessante è anche il frastuono del traffico e lo spostamento d'aria ad ogni passaggio di un bus double-decker.
La crisi economica non sembra aver scosso per niente le abitudini degli inglesi che continuano a spendere, spandere e fare debiti.

Si ha l'impressione di essere giunti nella capitale dell'impero. Come poteva magari apparire Roma 2000 anni fa ai nuovi arrivati. Del resto è la capitale del paese che è riuscito ad imporre al mondo la propria lingua, le proprie idee economiche, le proprie abitudini e che nell'era post-industriale ha fatto man bassa nella finanza e nei servizi lasciando agli altri solo le briciole.

E' multirazziale, come Bruxelles con la differenza sostanziale che nessun gruppo o etnia è veramente dominante. Nessuna presenza, almeno in apparenza, è tanto invadente da creare un sottosegmento quasi extraterritoriale o extralegale. Certo la città è più presidiata, ci sono camere CCTV ovunque, polizia e personale di sicurezza hanno modi ben più spicci dei loro omologhi belgi. Eppure l'impressione è che, più che dalle scelte dei governi e della politica, ciò sia dipeso in maggior misura dalle proporzioni più grandi e dal dinamismo economico che almeno fin ora hanno aiutato a digerire ed assimilare i nuovi flussi.

Al netto dei fitti londra non è poi così cara come mi sarei atteso. Lo sono di sicuro i trasporti, che peró funzionano benissimo. Quanto a bar e ristoranti l'offerta è così vasta e la concorrenza così forte che alla fine si spende quello che si decide di voler spendere. In più i musei sono gratuiti.

Basta un colpo d'occhio per ricordarsi di essere a Londra. I bus rossi, i taxi tipici, i 'look right' impressi sull'asfalto, il 'mind the gap' della metropolitana, le cabine del telefono lasciate deliberatamente anche quando non servono quasi più. Dopo 17 anni trovo Londra uguale a se stessa e al tempo stesso profondamente cambiata. Direi con 17 anni di storia in più. Il vetro e l'acciaio delle nuove costruzioni affianca l'antico dei vecchi edifici nei più audaci degli esperimenti architettonici. Vista dal Tamigi sembra un'altro posto.
Colpisce, pensando all'Italia, la quasi totale assenza di manufatti con più di cinque secoli. A cui fa da contrappeso l'imponente rinnovamento urbanistico degli ultimi decenni. Quanto cioè in un Italia, tronfia di boria post-rinascimentale e al tempo stesso soffocata da villettopoli ed ecomostri, avrebbe fatto rizzare i peli sulla schiena ai gatti.

Londra merita la reputazione che ha. Se questo poi basti per decidere di fare le valige e trasferirvisi non saprei. Di sicuro non ci si può permettere di guadagnare poco. Al lavoro ci si passano più giorni e più ore che altrove. Le distanze sono spesso estenuanti con il metro che ingurgita e vomita gente a getto continuo. In certe stazioni solo per raggiungere i treni ci si impiega 15 minuti. In più per la prima volta dopo molti lustri è comparsa la disoccupazione giovanile. Per chi cerca lavoro senza esperienza oggi è più dura che in passato.
Nonostante ciò non ho dubbi, Londra è la più stimolante tra le capitali raggiungibili in due ore di eurostar da Bruxelles.

mercoledì 18 agosto 2010

Il razzismo degli ultimi arrivati


gare du midi - mercato

Lavare le finestre del nuovo appartamento era l'ultima cosa che ci restava da fare. Troppe e troppo sporche per aver voglia di sprecarci su mezzo weekend. Ricorriamo così ai servigi di una signora polacca sulla sessantina. Ad un certo punto in un francese alquanto approssimativo mi fa.

-Sono veramente sporche queste finestre. Ci dovevano abitare dei marocchini prima.
In realtà il nostro predecessore era irlandese.
Non è una novità qui a Bruxelles. I commenti più pesanti sugli altri immigrati vengono proprio da coloro da cui ci aspetterebbe ben altra comprensione.

Tempo fa iniziammo a cercare casa ad Anderlecht. Qualcuno ci aveva detto di trovarcisi bene. Decidemmo allora di  chiedere ulteriori informazioni sul quartiere in una pasticceria italiana.
Non sia mai, ci disse la titolare. La situazione va di peggio in peggio, ogni giorno al metro St. Guidon , per una ragione o per l'altra deve intervenire la polizia. Ormai i marocchini ci stanno cacciando. Era negli anni 70 quando siamo arrivati noi che qui si stava bene.
Non le passò nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea che negli anni 70 qualcuno potesse aver lasciato il quartiere a causa loro. Il punto di vista è senza sfumature. Gli italiani venivano per lavorare e produrre. I marocchini per sporcare e delinquere. Dicono marocchini, ma intendono maghrebini e più in generale musulmani.

Una giornalista del TG belga fa una gaffe imperdonabile definendo il primo ministro incaricato, Di Rupo, riflessivo malgrado le origini italiane e subito qualcuno risponde che è la comunità maghrebina che degrada, quella italiana lavora e produce.
Ormai questa concezione revisionata e romantica dell'emigrazione nostrana guadagna sempre più popolarità tra gli italiani. Quella era l'emigrazione dei poveri ma belli, costretti a partire per necessità, ma pronti a fare la fortuna dei paesi ospitanti. Il terreno per il razzismo contro gli altri, senz'altro sporchi e cattivi, è così spianato.
Sarebbe ora però che questi revisionisti dell'ultimo ryanair si andassero a documentare meglio su quello che è stata l'emigrazione italiana. Con il suo seguito di macro e micro criminalità, violenza povertà, degrado e sporcizia. Basta leggersi un qualunque testo sull'emigrazione italiana o andare a vedere quello che si diceva dei nostri.
Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.....(continua)
Perché quegli italiani erano cattivi? No. Perché questo è il volto sgradevole e poco iconografico della povertà. Perché questa è spesso la storia di chi deve lasciare il proprio paese per fame.

Sorprende la gaffe del tg essendo i belgi molto attenti su queste questioni. Misurano le parole, si attengono al politicamente corretto. Sui media, e devo dire anche in privato. Si guardano bene dall'usare il linguaggio di molti dei nuovi arrivati.
E invece la stagista ungherese, il contrattuale rumeno, la donna delle pulizie polacca, il tecnico dei cavi italiani, quelli no. Quelli entrano a gamba tesa. Non tutti sia chiaro, ma di sicuro in troppi perché il fenomeno possa essere trascurato. Il loro repertorio è insistito e variegato.

-I musulmani se ne dovrebbero andare. Non hanno diritto di stare in Europa che è cristiana.
Loro con la valigia ancora da disfare che intimano lo sfratto a chi magari qui c'è nato.
-Quando c'è mercato la zona della stazione midi non si può considerare Europa ma Africa.
mi piacerebbe tanto vedere i mercati ortofrutticoli nei loro paesi.
Non si fanno prigionieri.
-Il politically correct è l'ipocrisia dei nordeuropei. Noi invece siamo franchi e non abbiamo paura a dire quello che pensiamo.

-Questi belgi hanno un paese socialista e non lo sanno. Con i loro welfare state non fanno altro che far proliferare la feccia ed il parassitismo.
Ti ripropinano poi la favoletta d'Eurabia. Ti sommergono di stereotipi sugli arabi e sugli africani.

Qui non ci sarebbe nemmeno bisogno di documentarsi. Sarebbe sufficiente aprire gli occhi. Osservare quanti sono gli autisti, i commessi, i lavoratori edili, gli addetti alle pulizie, ma anche insegnati di francese, colleghi d'azienda, capi delle risorse umane di origine maghrebina. E che dire di tutti quei negozietti di prossimità aperti quasi sempre, domeniche e festività incluse, e che ti permettono di trovare qualunque cosa ti possa servire in qualunque momento? Da chi sono gestiti quelli? Non significa questo arricchire la nazione ospitante? Possibile che ci si accorga solo degli hooligan di Bockstael?
Ma non c'è speranza, come nel caso dell'emigrazione italiana, della realtà come al solito si prende quello che più si adatta alla tesi che si vuole sostenere.